L’8 dicembre 1991 i leader di Russia, Bielorussia e Ucraina sottoscrivevano la dichiarazione che sanciva la dissoluzione dell’Unione Sovietica e la sostituiva con la Comunità degli Stati Indipendenti (CSI). Il 26 dicembre il Consiglio delle Repubbliche la riconobbe ufficialmente mentre il 31 dello stesso mese tutte le istituzioni ufficiali dell’URSS avevano cessato di operare. Quale sentimento ha dominato il cuore e la ragione degli uomini del PCI, allora il maggiore partito comunista europeo? Dove avevano sbagliato e dove hanno cominciato ad avvertire una crisi che poi sarebbe ricaduta sullo stesso PCI? Giorgio Thoeni lo ha chiesto a Giuseppe Vacca, presidente della Fondazione dell’Istituto A.Gramsci, uno dei più noti e attivi intellettuali di sinistra in Italia e in Europa; a Emanuele Macaluso, politico, sindacalista e giornalista, già membro di Direzione del PCI e direttore de “L’Unità”, oggi del quotidiano “Il Riformista”; a Vauro Senesi, noto vignettista politico e comunista convinto.

Comunisti orfani dell’URSS: a vent’anni dalla sua dissoluzione
Laser 07.12.2011, 01:00
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