Laser

I ragazzi della guerra

di Matteo Tacconi

  • 12 luglio 2017, 11:00
Sarajevo

Una donna bosniaca cammina davanti a una barricata nel quartiere di Dobrinja, Sarajevo, 13 novembre 1994

  • Keystone

LASER
Mercoledì 12 luglio 2017 alle 09:00
Replica alle 22:35

Damir Imamovic, musicista, 38 anni. Imparò a suonare la chitarra nello scantinato. Dovette trascorrervi gran parte delle sue giornate durante l’assedio di Sarajevo, iniziato venticinque anni fa, visto che l’artiglieria serbo-bosniaca bersagliava la città incessantemente.

Mak Hubjer, 24 anni, artista. Ha da poco aperto la galleria Brodac e vorrebbe farne un punto di riferimento per tutti coloro che vogliono ribellarsi a un modo di fare arte eccessivamente vincolato alla commemorazione di eroi e martiri.

Alma Midzic e Alina Trkulja, entrambe 33 anni. La prima si batte per il recupero degli spazi pubblici in una Sarajevo che, nel dopoguerra, ha visto fin troppe privatizzazioni. La seconda ha preso parte ai Plenum del 2014, un’importante esperienza di democrazia dal basso. E infine Samir Avdic, 38 anni, politico. Si è occupato a lungo di questioni giovanili nel Partito socialdemocratico.

Questi sarajevesi – di nascita o di adozione – sono esponenti di quella generazione di giovani uomini e donne che al tempo della guerra in Bosnia Erzegovina erano adolescenti o bambini. Alcuni ricordano il conflitto, altri no: erano troppo piccoli. Ma in un certo senso la guerra fa parte di loro. E fa parte di Sarajevo, in quanto città martire.

Questo “Laser”, sospeso tra memoria e futuro, racconta il modo in cui questa generazione declina il passato e vive il presente, cercando di cambiare in meglio Sarajevo e di liberarla dal fardello dell’assedio, che pesa sulla memoria come sul verso che la capitale della Bosnia Erzegovina s’è data in tempo di pace.

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