
Il Giappone e le forme (per noi) sconosciute del dolore
Laser 25.03.2011, 01:00
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La paura e la consapevolezza di vivere in una zona ad alto rischio sismico hanno da sempre accompagnato il popolo giapponese, così come i molti modi per esorcizzarla. Con battute di spirito, i sorrisi, l’abitudine alla fatalità dei propri destini, il controllo delle emozioni, il trasporre queste paure anche attraverso fenomeni culturali popolari nei giovani, come gli anima e i manga. Il non mostrare in pubblico sentimenti quali gioia e tristezza, in un esercizio cui i giapponesi vengono abituati fin da piccoli. Si può spiegare così la calma composta dei giapponesi di fronte ai disastri di questi giorni,che tanto ci ha stupito sui volti impassibili,a volte quietamente sereni,composti,dignitosi che ci rimandano le tv di tutto il mondo? Perché ci sorprendiamo così, di questa sofferenza tenuta e del dolore silenzioso? Qual è il pensiero che sta dietro tutto ciò, a quest’apparente accettazione della catastrofe e delle sue conseguenze? Quanto, forme filosofiche e religiose come scintoismo e confucianesimo e un diverso sentire della morte, permettono di ritornare alla vita, di non darsi mai per vinti, riuscendo ad affrontare i momenti più duri e angoscianti del dopo terremoto, del dopo tsunami, dell’incubo delle fuoriuscite nucleari?
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