Le montagne sono imparentate con gli dèi. Tutte le religioni ne hanno fatto la sede. Ma c’è un altro misticismo, che pur debitore di quello religioso, è totalmente laico. È il misticismo con cui alle montagne hanno guardato gli alpinisti che si sono inerpicati verso le loro vette. Questa tensione spirituale è cambiata nel corso del tempo. Siamo passati dall’alpe nobilitante del Romanticismo, dove le cime diventano emblemi morali e l’alpinismo pratica ascetica, alla montagna fatale, mortuaria, eroica dell’irrazionalismo, che, ispirandosi a Nietzsche, domina il teatro alpino tra la fine dell’Ottocento e l’età delle dittature. Dal Lammer di Fontana di giovinezza si giunge alle teorie esoteriche di Evola e Rudatis, sullo sfondo della battaglia del sesto grado. Il punto d’approdo sarà l’arrampicata californiana degli anni Sessanta del Novecento, dove fanno la loro comparsa i miti della beat generation: droghe, funghi allucinogeni, magia indiana, yoga.
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