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Africa: eccessivi indebitamenti pubblici con l’estero

di Pietro Veglio

  • 21 marzo 2018, 13:20
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Mercoledì 21 marzo 2018 alle 12:20

Nell’Africa subsahariana il rischio legato agli eccessivi indebitamenti esteri è aumentato. Il debito pubblico estero di alcuni Paesi supera un allarmante 100% del PIL. Eppure tredici anni fa la comunità internazionale annullo’ US$ 75 miliardi di debiti accumulati dai Paesi africani piu’ poveri e altamente indebitati nei confronti di Fondo monetario internazionale, Banca mondiale e Banca africana di sviluppo. Con l’obiettivo di diminuire il peso smisurato degli ammortamenti e interessi sui debiti contratti con istituzioni finanziarie internazionali. Liberando risorse domestiche addizionali per programmi di lotta alla povertà, spese sociali e opere di infrastruttura.

Per evitare una ricaduta nella spirale dell’indebitamento, Il Fondo monetario assunse la responsabilità di monitorare la pertinenza dei nuovi prestiti concessi ai Paesi poveri. L’efficacia del monitoraggio si è pero’ avverata problematica. Perché le banche commerciali internazionali hanno iniziato a sottoscrivere anche prestiti obbligazionari emessi da alcuni governi subsahariani. Investimenti potenzialmente assai lucrativi dati i tassi d’interessi superiori a quelli prevalenti sui mercati finanziari occidentali. Cio’ è avvenuto in Mozambico, complici l’euforia legata alla scoperta di nuovi giacimenti “offshore” di gas naturale e la corruzione dell’élite governativa. Euforia che nel 2014 contagio’ alcune banche europee, compreso il Credit Suisse London, che concessero segretamente al Mozambico nuovi prestiti per US$ 2 miliardi per progetti non prioritari legati alla pesca ed al controllo navale delle sue acque territoriali, prestiti finanziati tramite l’emissione di obbligazioni. I prestiti fecero lievitare il debito pubblico e non vennero deliberatamente inclusi nella contabilità nazionale. Ma furono scoperti successivamente dal Fondo monetario che richiese un audit indipendente sull’utilizzazione degli stessi e congelo’ l’erogazione di nuovi fondi al Mozambico. L’audit ha evidenziato che una parte notevole dei fondi era addirittura scomparsa nel nulla. Invece in Ciad la multinazionale Anglo-elvetica Glencore concesse nel 2014 alla compagnia petrolifera statale locale un prestito di US$ 1,4 miliardi rimborsabile con greggio contabilizzato al prezzo mondiale di allora. Due anni piu’ tardi il prezzo del greggio era diminuito del 50% mentre il debito pubblico ciadiano e gli ammortamenti ed interessi da versare a Glencore erano aumentati esplosivamente. Di fronte al forte rischio di insolvenza del governo ciadiano, Glencore ha recentemente ristrutturato il prestito al Ciad diminuendone il prezzo di riferimento del greggio e dilazionandone i termini di rimborso. Questi eventi dimostrano che alcune banche e imprese multinazionali sembrano piu’ interessate ad aumentare i loro profitti immediati che a privilegiare la sostenibilità dei prestiti concessi. A complicare il panorama vi sono anche i prestiti cinesi concessi a Zambia, Congo Brazzaville, Angola e Djibouti, assai rischiosi in termini di sostenibilità, e poco trasparenti.

Domanda: non sarebbe logico allineare i tassi d’interesse dei prestiti all’evoluzione dei prezzi delle materie prime oppure prescrivere che solo i prestiti concessi in modo trasparente dovranno essere rimborsati?

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