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Banche svizzere e azioni giudiziarie degli Stati super-indebitati

Mauro Baranzini

  • 13 novembre 2018, 13:20
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Martedì 13 novembre 2018 alle 12:20

Il Ministero Pubblico francese qualche giorno fa ha chiesto una multa di 3,7 miliardi di euro al processo contro la maggiore banca svizzera in corso al Tribunale correzionale di Parigi, con l’accusa di frode fiscale e sollecitazione non autorizzata di clienti. Lo Stato francese, come parte civile, chiede dal canto suo 1,6 miliardi di euro di risarcimento alla stessa banca, che ha già dovuto versare una cauzione di 1,1 miliardi di euro. A questo si aggiunge la richiesta di una multa di 15 milioni di euro contro la filiale francese della stessa banca, che è accusata di aver aiutato migliaia di contribuenti francesi a sfuggire al fisco tra il 2004 e il 2012. E la stessa grande banca svizzera si aspetta adesso di essere (si potrebbe dire di nuovo) perseguitata dal Dipartimento statunitense della giustizia per la vendita di titoli garantiti da prestiti rischiosi che furono alla base della crisi finanziaria del 2008. Un accordo extra-giudiziale di ben 2 miliardi di dollari è stato respinto dalla nostra banca. Ma questo importo dà un’idea delle multe e dei risarcimenti che sono in gioco. E intanto anche la Procura di Milano ha aperto un’indagine ad ampio raggio sull’attività di 250 banche estere nel contesto della voluntary disclosure. Tra queste ci saranno anche quelle svizzere. Chi scrive non è mai stato tenero, negli scorsi decenni, con le banche e con il loro operato fuori dalle righe. Ci si può tuttavia chiedere se alcune nazioni che hanno sì i cannoni più grossi di quelli svizzeri, ma che hanno conti pubblici non proprio in ordine, non stiano calcando la mano imponendo multe sproporzionate. Perbacco, i 5,6 miliardi di euro con i quali la Francia vuole punire la nostra più grande banca, sono quasi commisurati al debito pubblico francese che è del 97% del PIL francese. E per gli Stati Uniti il debito pubblico arriva al 108% del PIL; e al 132% per l’Italia. Ma non erano gli stessi francesi che mettendo le regole di Maastricht sostenevano che il debito pubblico non doveva superare il 60% del PIL? E poi un’ultima osservazione. Non toccherebbe forse agli Stati sovrani creare le condizioni che garantiscano ai loro ricchi cittadini un quadro istituzionale e fiscale tale da non incentivarli ad evadere il fisco, e a portare i loro capitali all’estero? È proprio sempre colpa degli istituti finanziari se cittadini stranieri cercano di depositare i risparmi di una vita in una nazione che offre sicurezza, stabilità politica e servizi ineccepibili? Uno Stato che amministra bene le proprie finanze e che ha una buona stabilità istituzionale dovrebbe anche preoccuparsi di garantire ai propri contribuenti certezze e non insicurezza. Insicurezza senz’altro fomentata da finanziarie punitive, da velate minacce di patrimoniali altrettanto punitive e da leggi contro l’esportazione di capitali. Fenomeni che ritroviamo sovente nelle nazioni cicala che, nonostante le regole di Maastricht, non riescono a contenere il debito pubblico.

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