Plusvalore

Bitcoin, la sfida delle banche centrali

di Gianfranco Fabi

  • 22 dicembre 2017, 13:20
Bitcoin
  • Keystone

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Venerdì 22 dicembre 2017 alle 12:20

La fine dell’anno è un tempo di bilanci e di previsioni. Per i bilanci è rassicurante osservare che per l’economia questo 2017 ci lascia in eredità molte buone notizie. Soprattutto sul fronte della crescita che sembra ormai consolidarsi in tutti i paesi industrializzati, Svizzera ovviamente compresa.

Le previsioni sono sempre difficili, ma lo sono ancora di più in un momento come questo in cui dominano le incertezze, in cui sono ancora controversi gli effetti della rivoluzione tecnologica, in cui le politiche sembrano impotenti di fronte ai venti contrastanti di una globalizzazione che non si riesce a governare.

Se è vero che i problemi che abbiamo di fronte sono complessi è altrettanto vero che spesso la politica non fa in tempo a tenere il passo delle innovazioni e a dare le giuste regole per evitare gli abusi di mercato e l’arricchimento di pochi inevitabilmente a spese di molti. È il caso delle cripto valute come i bitcoin, analizzati con giustificata critica da Christian Marazzi in questa stessa rubrica nei giorni scorsi.

I bitcoin, le cui quotazioni sono aumentate del 1000% nel giro di pochi mesi, sono palesemente un fenomeno speculativo dato che il valore di scambio non ha alcun riferimento con la realtà e non vi è nessuna garanzia del tipo di quella che offrono le banche centrali sul denaro contante.

Il bitcoin tuttavia è solo la punta di un iceberg dove la parte nascosta è formata da centinaia di valute virtuali che stanno nascendo sulla base dello stesso processo informatico altamente innovativo fondato sul blockchain, letteralmente una catena di blocchi. Si tratta di una tecnologia che gestisce le informazioni in maniera decentrata, riservata e almeno teoricamente sicura senza alcuna intermediazione, ma anche senza possibilità di garanzia pubblica o privata.

Alle banche centrali spetterà quindi nei prossimi mesi un compito estremamente delicato e cioè favorire l’estensione delle nuove tecnologie che si sviluppano a ritmi imprevedibili, ma nello stesso tempo bloccare le potenziali derive speculative a garanzia del mercato e dei consumatori.

Il paradosso di fondo è proprio questo. In un articolo del New York Times dei giorni scorsi si parlava di un “monumentale trasferimento di fiducia” dalle tradizionali istituzioni, in particolare governi e banche centrali, al sistema dei computer che sarebbero ritenuti incapaci di commettere errori, al contrario delle persone, oltre che in grado di offrire un servizio immediato e teoricamente gratuito.

Ma come si può avere fiducia in uno strumento di pagamento quando questo non ha alcuno alle sue spalle che ne garantisca la solvibilità? L’unica possibilità concreta è quella che le banche centrali si assumano questa responsabilità. Con due condizioni: che decidano di emettere una loro valuta virtuale e che nello stesso ne garantiscano il valore. Negli Stati Uniti è aperta la discussione se non sia il caso che la banca centrale, la Federal Reserve, emetta una propria cripto valuta, già battezzata Fedcoin, convertibile con i dollari in un rapporto di uno a uno. I Fedcoin sarebbero creati o distrutti solo se allo stesso tempo una somma equivalente di contanti o di riserve fosse distrutta o creata evitando quindi una moltiplicazione incontrollata.

Magari tra qualche anno avremo gli swisscoin o gli eurocoin all’interno di un processo che vede comunque un sempre minore uso dei contanti e delle monete. Anche per i pagamenti e gli scambi il futuro è infatti nei computer e negli smartphone. Speriamo di poter continuare almeno a poter fare gli auguri nei modi tradizionali: e quindi Buon Natale.

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