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Brexit, una secessione dannosa per tutti

di Adriana Cerretelli

  • 29 aprile 2015, 14:20
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Il Primo Ministro britannico David Cameron durante la campagna elettorale

Plusvalore 29.04.15

Plusvalore 29.04.2015, 14:20

Le ragioni dell’economia dicono no a Brexit, al divorzio della Gran Bretagna dall’Europa. Quelle della politica si conosceranno solo il 7 maggio, tra poco più di una settimana, quando gli inglesi decideranno se riconfermare il mandato al partito conservatore di David Cameron o se preferirgli i laburisti di Ed Milliban: nel primo caso ci sarà entro il 2017 il referendum sulla permanenza o meno del paese nell’Unione, nel secondo no.

La secessione, avverte un nuovo rapporto sul tema, quello della think tank tedesca Bertelsmans, provocherebbe un disastro generale: né vincitori né vinti ma tutti perdenti, di qua e di là della Manica. Naturalmente molto dipenderebbe dal tipo di rottura, se morbida, ricucita da accordi commerciali e uno status simile a quello della Svizzera, oppure brutale. Fino alla scelta dell’isolamento. Il più probabile, se ci sarà, appare il primo scenario, il meno lacerante. Proprio ieri il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, finora fermo e dichiarato oppositore della trattativa, ha smussato i toni escludendo sempre una riforma dei Trattati Ue ma auspicando un negoziato “fair”, giusto ed equilibrato.

Uno strappo traumatico non è nell’interesse di nessuno, dice la ricerca Bertelsmans: la Gran Bretagna subirebbe nella migliore delle ipotesi una perdita dello 0,6% del Pil, l’Europa ne incasserebbe una variabile tra lo 0,1 e lo 0,4% che però per due paesi sarebbe più pesante, meno 0,8% per l’Irlanda e meno 0,5 per il Lussemburgo.

Ovviamente per la City, n.1 nella formazione del Pil inglese, il colpo sarebbe durissimo: contrazione del 5% dell’attività. Ma per la chimica arriverebbe all’11% seguita da meccanica e auto. Anche l’Europa dovrebbe leccarsi la ferita, tra l’altro dovendo far fronte alla perdita dei contributi britannici al bilancio comune: Brexit farebbe salire l’assegno tedesco di 2,5 miliardi all’anno, quello francese di 1,9, quello italiano di 1,4.

Senza contare che senza Londra, l’Unione perderebbe un pezzo della propria identità culturale. E un partner essenziale per una futura politica di difesa e sicurezza comuni in di minacce e incertezze troppo diffuse ai suoi confini nord-orientali e meridionali.

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