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Città del Capo: come evitare di restare senz’acqua potabile

di Pietro Veglio

  • 30 May 2018, 12:20
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Mercoledì 30 maggio 2018 alle 12:20

Tre anni di siccità ininterrotta avevano ridotto il principale bacino di accumulazione di acqua potabile di Città del Capo, in Sudafrica, a 1/10 della sua capacità. Da gennaio ad aprile di quest’anno, i suoi 4 milioni di abitanti hanno dovuto far fronte ad una grave crisi idrica con pochi precedenti. Si tratta della prima metropoli ad affrontare il rischio di un disastro ambientale. Un campanello d’allarme considerando quello che potrebbe succedere in altre megalopoli, soprattutto nel Sud del pianeta-terra.

Città del Capo è riuscita ad evitare il cosiddetto “giorno zero” quando gli ingegneri municipali sarebbero stati costretti a chiudere i rubinetti delle condutture di acqua potabile. Ciò avrebbe costretto la popolazione locale a mettersi in fila di fronte a fontane pubbliche sotto controllo militare per ricevere una razione personale di 25 litri giornalieri. Questo sarebbe avvenuto qualora le riserve accumulate nel bacino di accumulazione avessero raggiunto il 13,5% della capacità. Cosa che fortunatamente non è avvenuta. L’eventuale “giorno zero” ha potuto essere rinviato per lo meno fino alla primavera dell’anno prossimo.

L’aspetto più notevole è che Città del Capo è riuscita ad evitare una catastrofe annunciata non tanto grazie all’acqua piovana o alla scoperta di nuove fonti acquifere sotterranee oppure alla desalinizzazione dell’acqua marina ma principalmente grazie ad una massiccia campagna civica di risparmio sui consumi di acqua. Questa ha permesso di ridurne il consumo giornaliero da l 1,2 miliardi nel 2015 a l 500 milioni all’inizio 2018. Un risultato impressionante che ha comportato drastiche restrizioni del consumo per capite di acqua potabile da l 185/giorno a l 50 e restrizioni ancora più draconiane per il turismo e l’agricoltura. L’amministrazione municipale della città ha superato con successo questa difficile sfida dimostrando notevoli capacità di gestione e resistenza alle pressioni popolari per allentare le misure restrittive.

Data l’urbanizzazione crescente a livello mondiale, l’aumento delle disuguaglianze sociali e le situazioni di stress ecologico affrontate da parecchie metropoli gli insegnamenti derivanti dall’esperienza di Città del Capo sono di fondamentale importanza, soprattutto per i Paesi in sviluppo. In una città dove l’eredità dell’apartheid condanna la grande maggioranza della popolazione nera a vivere in baraccopoli mentre la stragrande maggioranza dei bianchi vive in quartieri residenziali con accesso a tutti i servizi, l’essere riusciti ad evitare il “giorno zero” è quasi miracoloso. Volente o nolente la popolazione urbana ha accettato di considerare l’acqua come un bene comune, cambiando anche l’approccio culturale ad una risorsa essenziale per la vita quotidiana.

La Costituzione democratica sudafricana post-apartheid sancisce il diritto individuale all’accesso all’acqua potabile. La crisi vissuta da Città del Capo ha evidenziato l’abisso che separa varie città e regioni del globo dalla realizzazione di questo diritto umano. E ha dimostrato che la sostenibilità nell’utilizzo delle risorse naturali è difficilmente raggiungibile senza misure per limitarne i consumi.

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