Plusvalore

Il raffreddore dell’economia mondiale

di Gianfranco Fabi

  • 23 ottobre 2015, 12:54
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Venerdì 23 ottobre 2015 - 12:20

Ci sono due elementi che, al di là dei dati statistici puntuali e significativi, contraddistinguono l’ultimo World economic outlook, lo scenario economico mondiale presentato nei giorni scorsi dal Fondo monetario internazionale. Il primo elemento sta nella continua e in fondo noiosa ripetizione delle parole weak e weaker, cioè debole e più debole, riferite all’andamento della gran parte delle economie del mondo. Il secondo elemento è l’esplicita ammissione di aver largamente sbagliato le previsioni perché spesso si parla di andamenti non solo deboli, ma più deboli di quanto ci si aspettasse.

È comunque interessante, ma insieme preoccupante, il fatto che la debolezza maggiore venga da quei paesi definiti emergenti in cui negli anni passati erano state riposte grandi speranze sia per far uscire questi paesi dal sottosviluppo, sia per offrire una spinta positiva all’insieme dell’economia globale.

Per il 2015 il Fondo monetario prevede che l’economia mondiale cresca del 3,1%, a velocità ridotta rispetto al 3,4% dello scorso anno. Questo dato è tuttavia composto da una lieve accelerazione delle economie avanzate, la cui crescita passa dall’1,8 al 2%, e da un più forte ridimensionamento dello sviluppo delle economie emergenti che passano dal 4,6% di crescita nel 2014 al 4% del 2015.

È all’interno di quest’ultimo dato che si registrano i casi più clamorosi con il passaggio di economie, come quelle della Russia e del Brasile, da un pur limitata crescita ad una forte recessione. Il Fondo stima per il 2015 una flessione del 3,8% del prodotto interno della Russia e del 3% per il Brasile. E con rassegnata evidenza nello stesso rapporto si mette in evidenza come le previsioni pubblicate solo tre mesi fa erano sbagliate per un punto e mezzo per il Brasile e dello 0,4% per la Russia.

La ragione è presto detta. La principale previsione sbagliata, da cui dipendono gran parte delle altre, è stata quella sull’andamento del petrolio e delle materie prime: nel 2015 il prezzo del greggio è sceso del 46 per cento mentre le altre materie prime si sono deprezzate del 17 per cento, livelli notevolmente più forti di quelli previsti.

La caduta dei ricavi dall’export di petrolio e materie prime ha peraltro innescato un processo negativo a catena: minore fiducia, fuga dei capitali, svalutazione delle valute, aumento dei tassi di interesse, maggior oneri per il servizio del debito, tutti elementi che fanno avvitare ulteriormente una recessione che potrebbe estendersi, afferma il rapporto del Fondo, agli altri paesi emergenti, come quelli dell’Africa sub sahariana, ma anche e soprattutto dell’America Latina, paesi che condividono con Brasile e Russia la forte dipendenza dei loro conti con l’estero dalle esportazioni di prodotti primari.

Se a questo aggiungiamo che Cina e India continua a crescere, ma a ritmi più lenti del recente passato, e che i paesi dell’euro, nonostante la cura da cavallo della Banca centrale, continuano a muoversi attorno ad una crescita poco più simbolica attorno all’1%, abbiamo una panoramica mondiale in cui solo gli Stati Uniti continuano ad essere un fattore trainante, ma costituiscono anche un elemento di incertezza per le aspettative di un rialzo dei tassi di interesse per la prima volta dopo nove anni.

Il Fondo monetario non vede particolari elementi di novità nelle prospettive del prossimo anno in cui uno dei pochi elementi di novità positiva viene visto nella ripresa del commercio verso l’Iran dopo anni di embargo. Le previsioni complessive restano quindi estremamente caute. Ma si può sempre sperare che anche queste previsioni si possano rivelare sbagliate, magari per eccesso di prudenza.

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