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Il valore (geo)politico del gas

di Barbara Antonioli Mantegazzini

  • 19 dicembre 2018, 13:20
Il cantiere di Nordstream 2

Il cantiere di Nordstream 2

  • Keystone

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Mercoledì 19 dicembre 2018 alle 12:20

Il gasdotto Nordstream 2 non s’ha da fare. Lo dicono il Congresso americano e il Parlamento europeo, che nei giorni scorsi, a poche ore di distanza l’uno dall’altro, hanno approvato due diverse risoluzioni che suggeriscono alle imprese coinvolte nella costruzione di questa infrastruttura strategica di cancellarlo.

Ma cosa rappresenta concretamente questo progetto e quali sono le implicazioni economiche e politiche legate alla sua realizzazione? Nordstream 2 è un gasdotto lungo 1200 km da costruire sul fondale marino che parte dalla Russia e attraversa il Mar Baltico arrivando in Germania. A pieno regime, assieme al primo progetto Stream 1 dovrebbe riuscire a soddisfare il fabbisogno di 26 milioni di famiglie, pari all’incirca alla domanda di Francia e Germania. Perché è nell’occhio del ciclone? Il gasdotto attraversa acque comunitarie ed extracomunitarie, e questo ha fornito l’appiglio al Parlamento europeo per invocare l’assoggettamento dello stesso alle normative comunitarie in materia di utilizzo delle reti del gas e supervisione da parte delle autorità di regolamentazione. Aldilà delle discussioni di ordine giuridico, peraltro di non evidente risoluzione, è invece chiaro che una simile opera potrebbe contribuire ad accentuare la già concreta dipendenza dell’UE dalla Russia (nel 2017 la quota di quest’ultima nel mercato europeo del gas era del 34 per cento) riducendo il grado di diversificazione dei fornitori, con evidenti implicazioni di ordine politico

Dopo le risoluzioni accennate, il pressing europeo e americano è diventato più insistente, paventando anche possibili misure di ritorsione economica da parte degli americani qualora le imprese europee coinvolte nel progetto (il partenariato affianca a Gazprom società tedesche, anglo-olandesi, francesi ed austriache) non decidessero di desistere.

Per i paesi coinvolti, Germania in primis, una simile rinuncia non sarebbe priva di conseguenze. Innanzitutto, Nordstream 2 è già stato parzialmente finanziato: dei 9,7 miliardi necessari ne sono stati spesi 6. In secondo luogo, ad oggi, il gas russo si affianca a quello del nord Europa – prevalentemente Norvegia e Paesi Bassi - ma le riserve di questi ultimi si stanno progressivamente riducendo. Nordstream 2 darebbe quindi al la Germania e agli altri paesi coinvolti l’opportunità di migliorare la sicurezza dei loro approvvigionamenti energetici.

Un’alternativa potrebbe essere rappresentata dal GNL, cioè gas naturale liquefatto che, in quanto tale, può essere trasportato anche via mare mediante apposite navi. Questa via permetterebbe agli Stati Uniti di tornare in gioco come nuovi fornitori di GNL per l’Europa, concorrendo con Qatar e Canada. E proprio il governo tedesco, forse con un intento più strategico che commerciale, avrebbe affermato di essere pronto a finanziare un impianto di rigassificazione vicino ad Amburgo (per un investimento complessivo di 550 milioni di euro).

Il Risiko dell’energia è cominciato.

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