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L'Europa barcolla sui rifugiati

di Adriana Cerretelli

  • 2 marzo 2016, 13:20
Rifugiati in Grecia

Rifugiati al campo di Idomeni, Grecia

  • Keystone

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Mercoledì 02 marzo 2016 - 12:20

Plusvalore del 02.03.16

Plusvalore 02.03.2016, 13:20

La Commissione europea ci prova, con ostinazione, a metterci una pezza sulla crisi dei rifugiati. Annuncia nuovi aiuti per 700 milioni in tre anni: che è meglio di niente ma quasi niente, se si pensa che la Grecia da sola chiede 450 milioni subito per non trasformarsi in un immenso e ingestibile campo profughi, un “magazzino di anime” come lo definisce il premier Alexis Tzipras, ora che la sua frontiera con la Macedonia è praticamente sigillata.

Il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk è in viaggio tra Austria, Balcani, Grecia e Turchia nel tentativo di evitare che l’ennesimo vertice europeo sui rifugiati, lunedì prossimo Bruxelles, registri l’ennesimo flop. “Non intendiamo diventare la sala d’attesa di chi si dirige in Germania” gli ha chiarito il cancelliere austriaco Werner Faymann, responsabile diretto della chiusura della rotta dei Balcani.

“Non abbiamo salvato la Grecia nell’euro per espellerla da Schengen” gli ha risposto Angela Merkel, mentre Tzipras minaccia di bloccare l’Unione ponendo il veto sul tutte le decisioni europee.

Tutto dipende dall’esito del vertice di lunedì con la Turchia e cioè se Ankara sarà davvero disposta a regolare i flussi migratori verso l’Europa mentre questa si farà carico di assorbire gradualmente parte dei 2,5 milioni di rifugiati, essenzialmente siriani, che si trovano nel paese.

Teoricamente l’operazione ha una logica e un interesse obiettivo per entrambe le parti in causa. Dunque dovrebbe avere successo. Di fatto l’atteggiamento ambiguo della Turchia nella partita siriana e ora l’ipotesi di spartizione del paese in tre parti rischia non solo di complicare ma si rallentare ogni soluzione. D’altra parte l’Europa sull’idea di riallocazione dei rifugiati per quote permanenti, l’unico modo per gestirne i numeri senza farsene soverchiare, continua a incontrare fortissime resistenze: a Est ma non solo.

Senza un accordo entro maggio, Schengen e la libera circolazione delle persone e delle merci rischiano di saltare. Senza un accordo credibile al vertice di lunedì, le elezioni del 13 marzo in tre leader tedeschi rischiano di mettere la Merkel con le spalle al muro. Senza il calmiere della sua leadership, nulla salverebbe l’Europa dalle derive nazionaliste in atto. Sembra paradossale che l’arrivo di poco più di un milione di rifugiati scuota le fondamenta di un’Unione da 508 milioni di europei ma questo è il prezzo di miopie e divisioni.

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