Plusvalore
Lunedì 16 novembre 2015 - 12:20
È ormai passato un anno da quando la Banca centrale europea ha assunto il compito di supervisore per le circa 130 banche di rilevanza sistemica nella zona euro. Questo ruolo, nella situazione attuale di Eurolandia, crea un grave conflitto di interesse per la BCE, in quanto essa, da un lato, deve vigilare per evitare che una banca di rilevanza sistemica possa indurre una crisi bancaria sul piano europeo mentre, dall’altro lato, si adopera per imporre ai paesi maggiormente in difficoltà delle misure di austerità che, in questi stessi paesi, contribuiscono a fragilizzare i bilanci di numerosi istituti bancari.
L’evidenza empirica è inconfutabile a questo riguardo: più la situazione economica di un paese si degrada, più calano i coefficienti patrimoniali delle banche in esso attive. Nel suo Rapporto sulla stabilità finanziaria del novembre scorso, la Banca d’Italia non nasconde che gli aggiustamenti di valore nei bilanci bancari a seguito della revisione della qualità degli attivi delle banche sono stati “mediamente più elevati tra le banche dei paesi che hanno registrato andamenti congiunturali peggiori dall’avvio della crisi economica”.
Ciò significa che le misure di austerità imposte ai paesi maggiormente in crisi hanno, indirettamente, un effetto negativo sui bilanci delle banche in questi stessi paesi, che, di conseguenza, devono cercare di ricapitalizzare queste banche in qualche modo. A fronte delle difficoltà finanziarie in cui versano gli Stati nazionali situati alla periferia di Eurolandia è impensabile che si possa far capo alle finanze pubbliche per risanare le banche dotate di fondi propri insufficienti. Si tratta dunque di cercare dei capitali nella economia privata di queste nazioni, anch’essa sotto pressione a seguito della crisi e, fatto ancora più grave sul piano etico, delle misure di austerità imposte dai tecnocrati, in modo antidemocratico, con l’ausilio dei poteri forti della finanza “globalizzata”.
È infatti nell’esclusivo interesse delle grandi istituzioni finanziarie, situate nei paesi al centro di Eurolandia in termini geopolitici, che la BCE impone ai paesi periferici le più dure misure di austerità mai viste dopo la firma del Trattato di Versailles nel 1919.
Il risultato ipotizzabile a medio termine sarà quello di spingere diverse banche situate nei paesi confrontati con le politiche di austerità nelle braccia delle banche più solide, situate al centro di Eurolandia, che non esiteranno ad attuare fusioni e acquisizioni a prezzi da saldo di fine stagione.
In fin dei conti, la crisi di Eurolandia, provocata dalla visione neoliberista della società contemporanea, causerà un notevole accentramento del capitale finanziario verso gli istituti bancari dei paesi economicamente più forti nella zona euro – dando ragione a Marx, quando immaginava l’“espropriazione del capitalista ad opera del capitalista” e la “trasformazione di molti capitali minori in pochi capitali più grossi”. Anche la BCE dovrebbe preoccuparsene in modo responsabile.