Le Nubi sul Mezzogiorno Europeo

di Fabrizio Zilibotti

La crisi della Grecia sta facendo emergere una profonda preoccupazione per la situazione delle economie dell’Europa meridionale: Italia, Spagna, Portogallo e Grecia. Al di là della disciplina fiscale, esiste un problema più profondo legato al potenziale di crescita di queste economie. È difficile credere che gli squilibri fiscali possano essere riassorbiti se non vi sarà una ripresa della crescita. E questa appare, al momento, alquanto complicata. Occorre partire dall’osservazione che stiamo parlando dei paesi europei che più sono cresciuti nella seconda metà del XX secolo. La loro rincorsa verso il resto dell’Europa è stato uno degli episodi più significativi di convergenza economica nel mondo contemporaneo. Parte di questo successo deve accreditarsi al processo di integrazione europea.
Eppure, queste economie sono oggi malate. L’Italia è attanagliata da una crisi economica e sociale fin dall’inizio degli anni 90. Ora anche Spagna e Grecia sembrano aver raggiunto il capolinea del processo di convergenza. Quali sono le cause di questa crisi?
In un articolo pubblicato nel Journal of the European Economic Association del 2006, sostengo che le istituzioni, politiche economiche e caratteristiche struttrali che garantiscono il successo economico non sono immutabili, ma dipendono dallo stadio de l processo di convergenza tecnologica e dalla competizione internazionale. I motori della crescita nei paesi dell’Europa meridionale sono stati da una parte l’opportunità per le imprese di imitare ed adottare a basso costo tecnologie già in auge nei paesi più avanzati dell’Europa centro-settentrionale. D'altra parte c'era l'opportunità di specializzarsi in settori a basso contenuto innovativo, dove il vantaggio comparato derivava dal minore costo del lavoro.
Due fattori nuovi sono emersi più di recente. Da una parte, sembra esistere un soglia di reddito pro capite relativo oltre cui il potenziale di crescita attraverso l’imitazione e l’adozione di tecnologie prodotte altrove smette di funzionare. Italia, Spagna e Grecia hanno un prodotto pro capite di circa il 60% di quello statunitense, e di circa il 70% di quello svizzero. Evidentemente, la differenza tecnologica è ben più ridotta di quanto non fosse 50 anni fa. Ma questo significa che che il potenziale per imitare tecnologie si è indebolito. Le imprese non possono più esimersi dallo sforzo di investire in innovazione. Eppure, i paesi dell’Europa meridionale continuano a investire solo l’1% del prodotto in ricerca e sviluppo, contro il 2.5% della Germania, il 3% della Svizzera ed il 3.5% della Svezia. Inoltre, l’innovazione richiede capitale umano. Tuttavia, i sistemi formativi di questi paesi sono disastrosamente inefficienti, come dimostrato da studi comparativi internazional, come il PISA study. Per esempio, se il 23% degli studenti svizzeri di 15 anni raggiunge i due livelli più alti nel test di matematica, nei quattro paesi dell’Europa meridionale la percentuale varia tra il 5% ed il 7%.
L’altro fattore è la globalizzazione e la concorrenza con le economie emergenti che ha eliminato il vantaggio comparativo in produzioni a bassa intensità tecnologica. Se un paese produce gli stessi beni che vengono prodotti dai cinesi, usando all’incirca le stesse tecnologie, l ’unica soluzione per non soccombere è pagare salari simili a quelli dei cinesi. Ma c’è un’altra strada: abbandonare i settori tradizionali e creare e produrre nuovi beni e servizi che la Cina non produce. Questi beni possono poi essere esportati in cambio di manufatti tradizionali a basso prezzo. In queste condizioni la globalizzazione è un bene per tutti.
Ma questa strada richiede flessibilità e cultura innovativa: occorre ristrutturare spostando lavoro e capitale verso nuovi settori. La Germania sembra avere capito già da qualche anno, e le sue prospettive di ripresa sono buone. Al contrario, l’Europa meridionale rischia la stagnazione, e con essa la disgregazione sociale e le derive populistiche offerte dai grandi imbonitori.

Tags: plusvalore, mezzogiorno europeo

Brani Brani in onda 3. Scherzo - Quintett für Klavier und Streichquartett, C-dur - ; ENS Ore 22:14