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L'euro è un fattore di crisi sistemica

di Sergio Rossi

  • 4 dicembre 2018, 13:20
Banca Centrale Europea

La sede della Banca Centrale Europea a Francoforte

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Lunedì 10 dicembre 2018 alle 12:20

Sono passati vent’anni dall’introduzione della moneta unica europea. Il 1° di gennaio 1999 l’euro sostituì infatti ben undici monete nazionali (in forma scritturale) all’interno dell’Unione europea. La zona euro si è poi allargata nell’arco di questo ventennio fino a contare attualmente 19 paesi membri.

L’adozione dell’euro è emblematica della modalità di funzionamento antidemocratica dell’Unione europea. Le decisioni sono imposte dall’alto, senza alcuna consultazione del popolo, che ha ormai perso la propria sovranità non per scelta ma per costrizione delle autorità europee.

La crisi sistemica scoppiata alla fine del 2009 nella zona euro è in ultima analisi una crisi indotta dalla costruzione europea, che favorisce le grandi imprese transnazionali e le istituzioni finanziarie di importanza sistemica a danno dell’insieme dell’economia e della società – creando perciò uno scontento generale e anche molto sconforto in un ampio spettro della popolazione europea.

L’abbandono della sovranità monetaria nazionale, accentrata a Francoforte (dove ha sede la Banca centrale europea), e gli stretti vincoli posti alle politiche di bilancio dei paesi membri di Eurolandia, hanno trasformato l’euro in una camicia di forza, che sta stritolando le economie nazionali obbligate a ridurre la spesa pubblica anche quando la situazione economica necessita in realtà di un notevole aumento degli investimenti dello Stato.

Non sorprende, quindi, che vent’anni dopo l’adozione dell’euro – e dopo un decennio di crisi – ci sia un notevole risorgimento di movimenti “sovranisti” in molte nazioni di Eurolandia, tra cui spiccano l’Italia e la Germania a dimostrazione del fatto che pure la popolazione tedesca soffre le conseguenze della politica economica neoliberista in voga nella zona euro.

È certamente vero che anche senza l’euro i paesi membri di Eurolandia avrebbero lo stesso tipo di politica economica. Tuttavia, se questi paesi avessero ancora le proprie monete nazionali potrebbero agire utilmente per sostenere i loro sistemi economici.

La loro sovranità monetaria permetterebbe loro di coniugare la spesa pubblica con la politica dei tassi di interesse della banca centrale nazionale, in un "policy mix" avente quale finalità il pieno impiego delle persone che vogliono e possono lavorare. Con un settore pubblico svincolato dall’equilibrio di bilancio, lo Stato potrebbe fare in modo di offrire loro un impiego correttamente remunerato, inducendo perciò le imprese attive nell’economia privata a versare dei salari equivalenti (se non superiori) a quelli nella funzione pubblica. Tutto ciò sosterrebbe le attività economiche, con delle ricadute sia per lo Stato sia per l’insieme della società che aumenterebbero la coesione sociale e lo sviluppo economico.

La zona euro non può fare retromarcia, ma se continuerà a marciare sul posto non ci sarà mai più la possibilità di rilanciare la propria economia per uscire dalla sua crisi. Il processo di integrazione europea resterà così una triste chimera.

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