L’Unione Europea, dopo le prove non proprio brillanti con Grecia a Portogallo, si trova di fronte allo spettro di una vera crisi debitoria. Sotto tiro sono Italia e Spagna, due economie che pesano insieme circa 7 volte tanto quelle dei due confratelli Mediterra-nei minori.
Italia e Spagna sono casi diversi tra loro. La Spagna, per quanto duramente colpita dalla crisi recente, viene da un periodo prolungato di forte crescita economica. Ha un livello del debito pubblico tuttora moderato, ed un governo che tra titubanze ha intra-preso misure riformatrici. Ciò che più conta, ha un sistema politico-istituzionale stabile. Se il governo socialista passerà la mano nelle prossime elezioni ad uno conservatore, lo farà nella forma ordinata in cui hanno luogo le alternanze di governo nei regimi democratici. Zapatero lascerà il timone a Rajoy, così come probabilmente farà Mer-kel in Germania e come fece Brown nel Regno Unito. La Spagna è un normale paese europeo attraversato da una crisi economica.
L’Italia naviga in ben altre acque. Secondo l’agenzia Standard & Poor “Le attuali pro-spettive di crescita sono deboli, e l’impegno politico per riforme capaci di aumentare la produttività sembra scemare...” Ciò che è peggio, tale retrocesso grava su un pae-se stremato non solo dalla crisi del 2008, ma da 15 anni di stagnazione. Il governo nega. Attraverso un controllo sempre più ferreo dell’informazione radiotelevisiva, la realtà economica viene distorta al di là di ogni limite. Si prenda, per esempio, il ritor-nello del ministro Tremonti secondo cui l’Italia è in grande salute, fatto salvo il Mez-zogiorno. Le statistiche di Eurostat del novembre 2010 mostrano che nei sette anni più recenti coperti dallo studio la Lombardia ha sofferto un declino di oltre il 20% nel reddito per abitante relativamente alla media dei 27 paesi dell’Unione. In questa me-trica, ha fatto peggio di tutte le regioni del mezzogiorno. E se è vero che il reddito per abitante della Lombardia è il doppio di quello della Sicilia, è una fandonia che la Lombardia sia la regione più ricca d’Europa, come dichiara Tremonti. Il reddito pro-capite della Lombardia non è che al 29-esimo posto tra le regioni dell’Unione Europea, ben lontana dalle regioni più floride del Regno Unito, Belgio, Olanda, Francia, Scandinavia, Austria, e finanche della Repubblica Ceca e della Slovacchia. Tra le so-le regioni tedesche, ce ne sono ben 4 (Amburgo, Baviera, Darmstadt e Brema) che sopravanzano la Lombardia. Poveri, ma felici? Non proprio: nell’indice Better Life dell’OCSE riportato recentemente dall’Economist, l’Italia è in coda. Tra gli Europei, solo greci, portoghesi, polacchi, estoni ed ungheresi si dichiarano meno soddisfatti della propria esistenza degli italiani.
La qualità della vita nelle grandi città italiane è un altro indicatore del declino. Chi parla ha vissuto otto anni a Stoccolma, tre a Barcellona, quattro a Londra e cinque a Zurigo. Rispetto a qualunque di queste città, Milano è di gran lunga più inquinata, degradata, povera in mobilità e soffocata dalla mancanza di spazi verdi. Non è un’opinione personale. Nel ranking internazionale della qualità della vita nelle città prodotto annualmente da Mercer, Milano è al 41-esimo posto, dietro non solo a Zurigo e Stoccolma, ma anche, tra le altre, a Londra, Parigi, Vienna, Amsterdam, Cope-naghen, Brussels e ben 8 città tedesche. Nella classifica delle città ecologicamente sostenibili, Milano non entra tra le prime 50. Questi dati non sono elaborati dal Centro Sociale Leoncavallo, ma si basano sulla valutazione di espatriati e vengono utilizzate da agenzie ed imprese multinazionali per compensare i propri dipendenti in forma equa. Insomma, la Milano da bere non piace a questa clientela ricca e sofisticata. Nè la recente gestione politica piace all’agenzia di rating Standard & Poor, che nell’Ottobre 2010 scrive “La situazione finanziaria della città di Milano si è deteriorata negli ultimi anni ed il suo indebitamento è cresciuto. Se Milano non riuscirà a tagliare il deficit operativo o se il debito supererà il 180% del reddito (come il trend attuale lascia prevedere), potremmo tagliare il rating.”
Eppure Milano rimane la capitale economica e culturale d’Italia. Proprio da Milano puo’ arrivare nei prossimi giorni un segnale di risveglio nazionale. L’Italia deve navi-gare fuori dal berlusconismo verso una normalità istituzionale dove governi social-democratici e conservatori competono e si alternano in forma civile nel rispetto delle regole, così come accade nel resto dell’Europa. Altrimenti, non vi sarà alcuna ripresa economica.
Italia e Spagna sono casi diversi tra loro. La Spagna, per quanto duramente colpita dalla crisi recente, viene da un periodo prolungato di forte crescita economica. Ha un livello del debito pubblico tuttora moderato, ed un governo che tra titubanze ha intra-preso misure riformatrici. Ciò che più conta, ha un sistema politico-istituzionale stabile. Se il governo socialista passerà la mano nelle prossime elezioni ad uno conservatore, lo farà nella forma ordinata in cui hanno luogo le alternanze di governo nei regimi democratici. Zapatero lascerà il timone a Rajoy, così come probabilmente farà Mer-kel in Germania e come fece Brown nel Regno Unito. La Spagna è un normale paese europeo attraversato da una crisi economica.
L’Italia naviga in ben altre acque. Secondo l’agenzia Standard & Poor “Le attuali pro-spettive di crescita sono deboli, e l’impegno politico per riforme capaci di aumentare la produttività sembra scemare...” Ciò che è peggio, tale retrocesso grava su un pae-se stremato non solo dalla crisi del 2008, ma da 15 anni di stagnazione. Il governo nega. Attraverso un controllo sempre più ferreo dell’informazione radiotelevisiva, la realtà economica viene distorta al di là di ogni limite. Si prenda, per esempio, il ritor-nello del ministro Tremonti secondo cui l’Italia è in grande salute, fatto salvo il Mez-zogiorno. Le statistiche di Eurostat del novembre 2010 mostrano che nei sette anni più recenti coperti dallo studio la Lombardia ha sofferto un declino di oltre il 20% nel reddito per abitante relativamente alla media dei 27 paesi dell’Unione. In questa me-trica, ha fatto peggio di tutte le regioni del mezzogiorno. E se è vero che il reddito per abitante della Lombardia è il doppio di quello della Sicilia, è una fandonia che la Lombardia sia la regione più ricca d’Europa, come dichiara Tremonti. Il reddito pro-capite della Lombardia non è che al 29-esimo posto tra le regioni dell’Unione Europea, ben lontana dalle regioni più floride del Regno Unito, Belgio, Olanda, Francia, Scandinavia, Austria, e finanche della Repubblica Ceca e della Slovacchia. Tra le so-le regioni tedesche, ce ne sono ben 4 (Amburgo, Baviera, Darmstadt e Brema) che sopravanzano la Lombardia. Poveri, ma felici? Non proprio: nell’indice Better Life dell’OCSE riportato recentemente dall’Economist, l’Italia è in coda. Tra gli Europei, solo greci, portoghesi, polacchi, estoni ed ungheresi si dichiarano meno soddisfatti della propria esistenza degli italiani.
La qualità della vita nelle grandi città italiane è un altro indicatore del declino. Chi parla ha vissuto otto anni a Stoccolma, tre a Barcellona, quattro a Londra e cinque a Zurigo. Rispetto a qualunque di queste città, Milano è di gran lunga più inquinata, degradata, povera in mobilità e soffocata dalla mancanza di spazi verdi. Non è un’opinione personale. Nel ranking internazionale della qualità della vita nelle città prodotto annualmente da Mercer, Milano è al 41-esimo posto, dietro non solo a Zurigo e Stoccolma, ma anche, tra le altre, a Londra, Parigi, Vienna, Amsterdam, Cope-naghen, Brussels e ben 8 città tedesche. Nella classifica delle città ecologicamente sostenibili, Milano non entra tra le prime 50. Questi dati non sono elaborati dal Centro Sociale Leoncavallo, ma si basano sulla valutazione di espatriati e vengono utilizzate da agenzie ed imprese multinazionali per compensare i propri dipendenti in forma equa. Insomma, la Milano da bere non piace a questa clientela ricca e sofisticata. Nè la recente gestione politica piace all’agenzia di rating Standard & Poor, che nell’Ottobre 2010 scrive “La situazione finanziaria della città di Milano si è deteriorata negli ultimi anni ed il suo indebitamento è cresciuto. Se Milano non riuscirà a tagliare il deficit operativo o se il debito supererà il 180% del reddito (come il trend attuale lascia prevedere), potremmo tagliare il rating.”
Eppure Milano rimane la capitale economica e culturale d’Italia. Proprio da Milano puo’ arrivare nei prossimi giorni un segnale di risveglio nazionale. L’Italia deve navi-gare fuori dal berlusconismo verso una normalità istituzionale dove governi social-democratici e conservatori competono e si alternano in forma civile nel rispetto delle regole, così come accade nel resto dell’Europa. Altrimenti, non vi sarà alcuna ripresa economica.
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