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Sedentari e compiaciuti

di Marco Salvi

  • 5 giugno 2017, 14:20
Sedentari e compiaciuti
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Lunedì 05 giugno 2017 alle 12:20

Nel suo nuovo libro «The Complacent Class», l’economista Tyler Cowen documenta come gli americani, un tempo campioni di mobilità, siano diventati sorprendentemente sedentari. Dal 1970 a questa parte, la frequenza dei traslochi da uno Stato membro dell’Unione all’altro si è dimezzata. Sembrano spariti dalle «highways» quei milioni di uomini e donne che nel XIX secolo Alexis de Tocqueville vedeva «marciare insieme verso un unico punto dell'orizzonte (…) a ovest». Invece, è in rapida crescita il numero di ventenni che, abbandonato il college, dedica gran parte del proprio tempo ai videogiochi nello scantinato della casa dei genitori.

L’Europa non è estranea a questa evoluzione, soprattutto nella sua metà meridionale. Secondo le stime dell’economista Enrico Moretti, oltre l’80% degli uomini italiani tra i 18 e i 30 anni abita ancora con mamma e papà. La coabitazione - quel primo passo verso l’emancipazione dalla famiglia - in Italia rimane una rarità; un fenomeno conosciuto più dalle sitcoms come «Friends» o «Girls» che dall’esperienza quotidiana.

Perché preoccuparsene? Chi dice immobilismo geografico, presto o tardi dice anche ristagno economico e sociale. La migrazione di lavoro (e capitale) dalle zone a bassa produttività verso quelle che ne fanno un uso più efficace rimane un presupposto essenziale per la crescita dei redditi e del benessere.

Secondo Cowen, se i giovani hanno barattato le loro opportunità di carriera con la playstation in cantina, è anche colpa dei genitori. L’atteggiamento della generazione dei «baby boomers» è improntato ormai quasi esclusivamente alla ricerca della sicurezza. Per Cowen questa nuova «classe compiaciuta» si caratterizza sempre di più da un’opposizione ad ogni cambiamento - dopo averne copiosamente beneficiato lei stessa.

I baby boomers controllano la discussione politica: dalle elezioni presidenziali americane, dominate da tre candidati settantenni, alle non-riforme della previdenza vecchiaia, fino alla quota ovunque crescente di spese pubbliche vincolate per programmi di spese di cui approfittano.

A pagare il conto di questo immobilismo rampante alla fine sarà la società intera – inizialmente sotto forma di stagnazione culturale ed economica, in seguito tramite la perdita di resilienza nei confronti di evoluzioni inaspettate. Il rischio maggiore infatti, sorge sempre quando ci concediamo di sentirci al sicuro.

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