Sono passati solo otto mesi dalla nomina di António Horta-Osório, quale successore di Urs Rohner, ed il suo “regno” è già finito. A provocare le sue dimissioni, due infrazioni alle quarantene imposte dalle norme Covid; infrazioni costatate da un’indagine interna alla banca scattata dopo le rivelazioni di alcuni organi di stampa.

Il dirigente dal doppio passaporto, portoghese e britannico, era stato nominato proprio per far voltare pagina al secondo istituto di credito elvetico, dopo i rovesci miliardari dovuti ai dissesti della società anglo-australiana Greensill Capital e dell'americana Archegos Capital. La banca, nel 2020, aveva inoltre già visto partire il Ceo Tidjane Thiam, travolto dallo scandalo di pedinamenti di dirigenti della banca. La preoccupazione degli investitori non ha fatto che aumentare perché nel 2021 l'azione Credit Suisse (CS) è scesa del 23%, a fronte di un SMI che è salito del 20% e con i "cugini" di UBS a +32%.

Ora toccherà al neopresidente del consiglio di amministrazione (Cda), il bernese Axel Lehmann, cercare di raccogliere i cocci e portare la nave in acque più tranquille. Lehmann, che rappresenta un “puro prodotto della finanza zurighese”, riuscirà dove i suoi predecessori stranieri hanno fallito? Quali insegnamenti trarre da questo ennesimo tonfo? La variabile umana quanto può essere "minimizzata"? In un momento particolarmente difficile, questa, potrebbe essere l’ultima opportunità per CS di evitare la vendita.

Per parlarne a Modem intervengono:

Carlo Lombardini, avvocato e professore di diritto bancario all’Università di Losanna;

Alberto Petruzzella, presidente dell'Associazione Bancaria Ticinese (ABT) e membro del Consiglio d'amministrazione della Cornèr Banca;

Haig Simonian, giornalista economico.

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