Come soddisfare al meglio gli interessi economici, ambientali e di sicurezza di tutti gli utenti delle acque del Lago Maggiore? La risposta passa anche dalla determinazione del livello massimo delle sue acque, in particolare tra primavera e autunno, e su questo punto tra Berna e Roma c’è disaccordo, come disaccordo c’è tra chi utilizza le acque del lago a valle (agricoltori della pianura e settore idroelettrico) e i comuni rivieraschi con la loro industria turistica. Gli uni vorrebbero un lago più colmo, per avere più riserve d’acqua nei periodi di siccità, gli altri temono che un innalzamento del livello comprometta la sicurezza contro il rischio di esondazioni e riduca l’accessibilità alle spiagge.
La questione fa discutere da anni. Intanto, dal 2015, Roma ha iniziato unilateralmente ad alzare i livelli massimi dal Lago Maggiore accantonando, di fatto, i parametri fissati nella convenzione firmata tra Italia e Svizzera nel lontano 1943 e tutt’ora in vigore. Per l’Italia, si tratta solo di una sperimentazione, ma c’è chi la considera una sorta di cavallo di Troia molto malcelato.
Come gestire al meglio le acque del Verbano? Con quali strumenti? Quale deve essere il suo livello massimo? E perché la collaborazione internazionale risulta tanto difficile? Ne discutiamo con:
Laurent Filippini, Capo dell’Ufficio corsi d’acqua del Dipartimento del territorio del Canton Ticino
Alessandro Ubiali, presidente del Consorzio del Ticino
Enrico Weber, ingegnere, coordinatore operativo di due progetti di studio interregionali sulle acque del Verbano
Modem su Rete Uno alle 8.20, in replica su Rete Due alle 19.25. Ci trovate anche sul Podcast e sulle app: RSINews e RSIPlay
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