La nostra comunicazione interpersonale, quella che passa attraverso le parole (quali?) è sempre più frequentemente una comunicazione scritta (come?) che passa attraverso le reti sociali digitali (Facebook, Twitter, WhatsApp, Instagram, Snapchat, per non citare che le più diffuse). Se una civiltà si può valutare anche dal suo modo di comunicare, quella contemporanea della globalizzazione digitale appare sempre più caratterizzata da un uso spregiudicato delle parole e da forme di dialogo aggressive, quando non volgari. Osservando i commenti online si assiste frequentemente a scontri verbali che mirano alla delegittimazione dell’avversario e che rasentano (spesso superano) l’insulto anche volgare. Ci sentiamo legittimati a dire la nostra anche su argomenti sui quali sarebbe meglio serbare un più salutare e discreto silenzio, secondo il principio che “di ciò di cui non si sa, è meglio tacere”. E invece entriamo volentieri nell’agone digitale dove abbondano le parole fuori luogo, gli epiteti, e i toni denigratori anche nei confronti di chi ha titoli (accademici) per esprimersi a ragion veduta. La lingua è un fenomeno complesso e ancor di più lo è l’uso che ne facciamo nel processo fondamentale dell’interazione umana che è il dialogo. Da qui la domanda da cui vorremmo partire con i nostri ospiti: nella società della comunicazione digitale sfrenata, siamo ancora capaci di dialogare con gli altri?
Ospiti:
Vera Gheno, sociolinguista, gestrice del profilo Twitter dell’Accademia della Crusca
Alessio Petralli, docente e ricercatore, direttore della Fondazione Möbius Lugano, membro del Comitato direttivo di Coscienza svizzera
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