Una storia che ha origini antiche, le prime testimonianze di vigneti e fermentazione dell’uva risalgono a seimila anni fa. Fin dai tempi più remoti ha assunto una potente valenza simbolica, trovando ampio spazio in riti e celebrazioni, e nella mitologia greca il vino è la metafora della congiunzione fra finito e infinito. In questi giorni il dono di Bacco è tornato a far discutere soprattutto sulla stampa italiana alimentando il dibattito sui suoi effetti sulla salute. Tutto si inserisce all’indomani dell’autorizzazione che l’Unione europea ha concesso all’Irlanda di inserire gli “alert” sulle etichette delle bottiglie di alcolici e superalcolici. Ma il ruolo sociale e culturale del vino attraversa la storia della civiltà. Ed è alimento inesauribile della riflessione filosofica. Certo, l’assunzione porta all’ebrezza, che rappresenta lo stadio di esaltazione creativa del consumo del vino, una soglia che non dovrebbe essere superata per non arrivare agli eccessi negativi. Ci educa a sperimentare la ricerca della giusta misura, e ben riassume la contraddizione che vede combattersi l’impulso irrazionale - la tendenza a delirare, l’uscire dai confini - e una tendenza opposta, razionale, logica, che ci vede impegnati nel cercare di mettere ordine e un limite alla tendenza irragionevole e delirante. Noi abbiamo entrambi gli impulsi e il vino rappresenta questa doppiezza. A partire da un acino d’uva, riflettiamo sul ruolo sociale del vino, sul rapporto fra sensi e intelletto, e tra uomo, natura e sacro.

Ne parliamo con:
Markus Krienke, Professore ordinario di Filosofia moderna ed Etica sociale alla Facoltà di Teologia di Lugano
Armando Massarenti, filosofo della scienza, saggista, anima storica delle pagine culturali del Sole 24 Ore