Dossier

Gli specchi di Berlino

BerlinalBlog 3: quando il racconto va 24 ore su 24

  • 7 febbraio 2015, 22:37
  • 4 settembre 2023, 16:22
Friedrichstrasse, una delle arterie del quartiere Mitte

Friedrichstrasse, una delle arterie del quartiere Mitte

  • RSI/lb

Una lunga notte “fuori orario” nel quartiere del Mitte e poi il resto, durante il film Victoria, lo fa il doping di una suspense che trasforma una delle zone più paciose di Berlino in una sorta di Bronx fatto di locali da sballo, rapine, bevute, sparatorie e altri comportamenti borderline.

Già, questa volta il rapporto è diretto. Uno a uno. E cioè il cinema a Berlino che parla di Berlino. Perché, come per un gioco di specchi rifratti, una città è anche l’immaginazione che sposta nei film ambientati. C’è la storia e la sua riscrittura continua. E da questo punto di vista la Berlinale e le attività che ci ruotano attorno in questo stesso arco di tempo sono un avamposto privilegiato. Qui, per dire, sono passate commedie sferzanti come Goodbye Lenin di Wolfgang Becker che nel 2003, rispolverando e riscattando vecchi arnesi di vita ex-DDR, aveva messo in immagine il fenomeno dell’Ostalgie, prima ancora che venisse certificato dai trattati sociologici. Ma qui c’è anche una complessità, spesso divisa tra una volontà di “normalizzare” gli strappi della storia e le anomalie irriducibili che restano nel dna più profondo della città. Come dimostra la scena del clubbing e della musica elettronica che, cresciuta in tanti anfratti urbani, come a Friedrichshain, ormai è diventata una principale attrazione turistica e una vera sorgente economica. “Non è più solo voglia di trasgressione” ci dice al telefono il quarantenne Dj Smash “con la techno Berlino ha dato la colonna sonora degli anni Novanta a tutta l’Europa e stiamo continuando a pompare”.

Il grattacielo di Alexanderstrasse con la terrazza del club Weekend

Il grattacielo di Alexanderstrasse con la terrazza del club Weekend

  • RSI/lb

E non a caso, simbolo per simbolo, uno dei posti che è andato per la maggiore è stato il Weekend, un grattacielo apparentemente abbandonato, in Alexanderstrasse 7, sul cui tetto, al 17esimo piano, venivano sparati musica e decibel accompagnandoti a una vista mozzafiato sulla città. “Adesso non è più così” ci aggiorna il Dj “l’hanno chiuso e riaperto col nome di House of Weekend, ma si è un po’ imborghesito”.

Nik Afanasjew, uno degli autori della Maratona Ring vicino ai binari della S-Bahn

Nik Afanasjew, uno degli autori della Maratona Ring vicino ai binari della S-Bahn

  • RSI/lb

E se tutto cambia anche per i suoni che raccontano una città in trasformazione c’è pure chi - proprio durante il primo sabato della Berlinale - ha pensato di usare le parole e di metterle in movimento sui binari di un insolito movimento. Una vera e propria maratona letteraria: sette scrittori di varie nazionalità, infatti, si sono messi sui sedili di un treno della S-Bahn e per 24 ore hanno continuato a scrivere testi in francese, tedesco e italiano.

La stazione di Schönhauser Allee

La stazione di Schönhauser Allee

  • RSI/lb

“Con questa sfida” dice Nicoletta Grillo, la scrittrice originaria di Como, ideatrice del progetto, che incontriamo durante una pausa al bar Monelli vicino alla stazione di Schönhauser Allee “stiamo cercando di riappropriarci di un luogo anonimo come la S-Bahn e riempirlo di senso, di racconti, di personaggi. La sfida è insomma Berlino, la sua multiculturalità; i quartieri che si attraversano, talvolta periferici, difficili, così diversi dall’immagine della Berlino povera ma sexy che va ora così di moda.

A sinistra, Nicoletta Grillo, una delle autrici della Maratona Ring

A sinistra, Nicoletta Grillo, una delle autrici della Maratona Ring

  • RSI/lb

"Tanto più se il tragitto percorso è sulla storica linea ad anello, il Ring, che gira intorno a Berlino. È il tragitto dei pendolari: tempo 60 minuti di orologio e si scorre dalle periferie popolari dell’ex-Berlino est a quelle residenziali dell’Ovest, passando anche per la cintura che abbraccia il vecchio aeroporto di Tempelhof, punta di diamante dell’architettura d’epoca nazista. "Fuori dai finestrini del Ring il grigio è il colore dominante” racconta ancora Nicoletta “ma il bello sta proprio lì. Tocca cercare di metterci dentro dell’altro".

Lorenzo Buccella

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