Svizzera

Sono solo "bravi ragazzi"

Simpatie pallonare ed estrema destra, virtuali e no

  • 19 May 2017, 11:39
  • 8 June 2023, 05:21
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Uno dei due uomini immortalati dalla videosorveglianza

Uno dei due uomini immortalati dalla videosorveglianza

  • RSI

C’è chi lo definisce il cuore oscuro del tifo, sebbene chi frequenta gli ultrà del Football Club Lugano assicura, “In curva non c’è spazio né per la politica o né per la religione”. Un concetto ribadito anche con un comunicato diffuso martedì per assicurare che "non vi è alcuna correlazione tra l'ambiente ultras e il volantino contro Bello Figo". Un legame diretto smentito anche dagli inquirenti. Però

Però c’è una frangia apparentemente più nera nella tifoseria bianconera. Gli autori dell’azione intimidatoria a firma “Associazione nuova destra” non erano che rappresentativi di loro stessi è stato ribadito, ma la curva di Cornaredo la frequentavano e molti di loro vi sono cresciuti. Lo testimoniano – prima che martedì le bacheche di Facebook venissero ripulite e i profili sparissero – le immagini e gli slogan postati: la loro passione – calcistica e no – era ben documentata online.

Facebook

I due ragazzi costituitosi facevano parte di un piccolissimo gruppo di tifosi del FC Lugano: i “Bravi ragazzi”. Un gruppo di una decina di ultrà giovanissimi (tra i 18 e i 25 anni) appena formatosi e decisamente meno noto, meno nutrito e meno rappresentativo del tifo organizzato di quanto non lo siano le “Teste matte”, lo storico gruppo degli fan del Lugano (prevalentemente calcio, ma anche hockey) che conta una 50ina di esponenti, diffidati esclusi.

Sui profili Facebook dei “Br”, dei “Bravi ragazzi”, e – in particolare – del primo giovane individuato dalla polizia si potevano trovare slogan inneggiati gli “Anti Antifa[scisti]”, scritte come “Skinhead 88” [dove il numero negli ambienti neonazisti sostituisce il saluto “Heil Hitler”] o video ironici di dubbio gusto, come questo:

Video skin

La goliardia e l’ironia potrebbero mascherare una certa ignoranza e tradire l’incoscienza nascosta dietro simboli e immagini. Gli stessi simboli che figuravano sull’ormai famoso volantino intimidatorio con il
pugno bianco (a suggerire la supremazia razziale), la
svastica (nazionalsocialista) e la
croce celtica (cara ai neofascisti). “Usati solo per far scena”, hanno spiegato i due giovani al magistrato. Un’inconsapevolezza che parrebbe essere la giustificazione della mancata inclusione del reato di discriminazione razziale.

Volantino

In fondo a destra

Otto giorno dopo è tutto molto rassicurante… ma è sufficiente curiosare tra le amicizie e i legami social per trovare tra i sedicenti tifosi altri riferimenti e altri cultori dell’estremismo di destra. Il campionario di immagini è sempre il solito dell’estrema destra e degli skinhead: divise nere, teste rasate, giubbotto e anfibi. E non è difficile imbattersi in scritte come queste:

Lugano Skinhead

O pure in immagini come questa, con un pugnale con incisa l’aquila nazista e un motto della organizzazione paramilitare nazista “Schutzstaffel”:

Ehre

L’onore richiama un altro adagio nazionalsocialista: quel “Blut und Ehre” della “Gioventù Hitleriana” ripreso da un’altra organizzazione neofascista anglosassone le cui scritte puntualmente si trovano nelle bacheche dei tifosi luganesi:

Blood 18

Amicizie transfrontaliere

La comune matrice politica, la passione sportiva e, in particolare, le simpatie calcistiche conducono oltre confine, a un altro gruppo di sedicenti tifosi: gli “Arditi di Varese”, appassionati di basket, e i “Blood and Honour”, ultras calcistici. La curva del Franco Ossola, lo stadio dove gioca il Varese, è considerata una delle più nere d’Italia. Iniziative di gemellaggio vengono spesso intraprese da alcuni degli ultrà più estremi luganesi: sia a Varese e pure a Verona. Occasionalmente si organizzano trasferte per seguire l’Hellas – la squadra scaligera – le cui “Brigate Gialloblù” sono notoriamente legate al mondo skinhead e ai gruppi neofascisti veneti. Ma non ci sono solo le amicizie pallonare e le passioni sportive. In una bacheca di Facebook di un profilo ticinese compare la foto di un concerto hard rock:

The Bombers

Teatro dell’evento è Lugano, il gruppo parrebbe essere quello dei “The Bombers”, una band ticinese attiva nella prima decade del nuovo millennio e legata al Veneto Fronte Skinheads (VFS), un’organizzazione politica di estrema destra nata oltre trent’anni fa e da qualche tempo, a dire il vero, un po’ silente. La foto è datata ottobre 2016 e sulla parete si intravvedo questo logo:

Lugano Skinhead

Proclami assai agguerriti, certamente inquietanti, ma pur sempre e solo virtuali. Slogan che rimandano a quei “Lugano Skinhead”, gruppuscolo radicato in particolare nel Malcantone che fece parlare di sé nell’agosto 2015 per una rissa avvenuta a Magliaso, o ai “Ticino Skinhead”, il gruppo di giovani con simpatie neonaziste residenti a Biasca e nelle Tre Valli venuto alla luce nel luglio dello stesso anno grazie a un’inchiesta giornalistica de La Regione*.

“Solo una t-shirt”

Ricordo di aver avvicinato allora alcuni giovani simpatizzanti di destra del Malcantone. Anche loro erano uniti dalla passione per il calcio e le simpatie politiche. Difficile fare breccia nella loro diffidenza, ma come un refrain ricordo la loro risposta più ricorrente: “c’è chi indossa la t-shirt con la falce e il martello, chi quella che inneggia al Duce…”. Anche oggi su Facebook sono numerose le fotografie con la cornice e lo slogan “Meglio morto, che rosso”.

Nell’autunno di due anni orsono in risposta a tre atti parlamentari il Governo ticinese rassicurò, affermando che il “fenomeno era monitorato” e che “la pericolosità di tali correnti di pensiero non si manifesta in maniera concreta”**. Da allora gli episodi violenti riconducibili all’estrema destra si contano sulle dita di una mano, perlopiù risse e pestaggi, e le simpatie e tendenze neonaziste parevano davvero quantité négligeable sino a venerdì scorso.

Il fenomeno parrebbe dunque circoscritto ai social media, difficilmente il volume della voce della frangia più estrema della tifoseria supera quello del tifo da stadio. Il pericolo e l’aggressività sono virtuali e sembra limitarsi a livello verbale, mascherati da leggerezza, grezza ignoranza e spirito di emulazione. Può essere rassicurante? Le perplessità e i timori rimangono. Chissà quanto la rete riesca realmente a veicolare simili ideologie ed estremismi e, soprattutto, quanto possa essere da alibi di un’emergenza educativa che un volantino “bello figo” ha solo smascherato.

Massimiliano Herber

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