Cultura e spettacoli

Sarà davvero Lucky?

Il verdetto dei giornalisti presenti a Locarno Festival

  • 12 agosto 2017, 12:43
  • 6 settembre 2023, 05:17
Easy, Lucky e Wajib

Non ci sono dubbi. Il vincitore indiscusso di Locarno 70 – per i giornalisti e critici cinematografici che hanno seguito gli undici giorni di festival – è Lucky di John Carroll Lynch, capolavoro modellato, plasmato sulla vita e sul corpo dell’attore Harry Dean Stanton. “È un film che rende omaggio al cinema, a un certo tipo di cinema e di attori. È ricco di tributi e citazioni da cogliere ed è al contempo ironico e poetico” (Chiara Fanetti, inviata di Rete Due). “Una performance straordinaria”, quella di Stanton: “con il suo volto perfetto, scavato con l’accetta, comunica senza bisogno di parole” (Federico Buffa, giornalista e scrittore italiano).

Un’edizione felice per gli americani: oltre a Lucky, anche Who You Wonder Who Firet the Gun? ha ottenuto un largo consenso da media e critici (Moira Bubola di RSI; Nicola Falcinella de La Provincia di Como).

Sempre tra i più apprezzati del Concorso internazionale, emergono con forza pure i nomi del palestinese Wajib (“Una commedia sociale magnifica. Solo in Palestina, e in altri pochi paesi come Iran o Pakistan, sono capaci con un budget limitato di fare film del genere”, Xavier Richard, collaboratore del FIFF – Festival international de film de Fribourg; “Una storia semplicissima, ma con una carica di umanità molto forte”, Mariano Morace, opinionista per La Regione) e Dragonfly Eyes, rivelatoria opera prima del cinese Xu Bing (Clara Kiskanc-Fischer del Corriere del Ticino, Jorge Mourinha de El público de Portugal).

In ‘Cineasti del presente’ – la sezione dedicata alla ricerca e alla scoperta – svetta invece il nome di Easy (Antonello Catacchio de Il Manifesto e Ciak; Alessandro Bertoglio di Rete Uno). Lodevole, perché “trovare dell’umorismo surreale nei cineasti dei presenti è come trovare l’acqua nel deserto” (Marco Zucchi, Speciale Festival RSI).

Accolta con entusiasmo e con emozionate standing ovations anche la rassegna di documentari proposti da La Semaine de la Critique. Su tutti: The Poetess, sulla vita e sulla forza della poetessa saudita Hissa Hilal, che con i suoi testi lancia un messaggio di emancipazione, di libertà e di resistenza alle derive dell’estremismo religioso. “Un atto di coraggio straordinario, che fa capire come anche la poesia possa essere uno strumento di lotta” (Bettina Müller, Radiogiornale).

E poi, ovviamente, “perle di splendore” che sfavillano nelle altre sezioni, o fuori concorso. Alcuni consigli da parte di media? CHoisir à vingt ans di Villi Hermann (Chiara Fanetti: “un film sulle piccole storie di eroi qualsiasi, che sacrificarono la propria sicurezza per dei principi importanti”); Surbiles fra le proposte italiane (Luigi Locatelli, blogger), Nothingwood con una storia afgana in grado di “aprire una speranza là dove speranza non c’è” (Waltraud Verlaguet di Vu de Pro-Fil).

MMINO/BCAMP

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