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Domani è domenica

di Natascha Fioretti

  • 26 aprile 2017, 13:35
Sandrine Fabbri

Sandrine Fabbri

Geronimo Libri
Mercoledì 26 aprile 2017 alle 11:35
Replica alle 23:33

In replica mercoledì 26 luglio 2017 alle 11:35

Una bimba vive nell'aspettativa della partenza per le vacanze in Italia. Un'attesa di poche ore che diventerà l'attesa di una vita, l'aspettativa resa vana per sempre da quel disperato salto nel vuoto con il quale la madre decide di liberarsi del peso della vita. A lei, Sandrine Fabbri, non ne rimane che l'immagine impressa nella mente bambina, l'immagine lacerante e incomprensibile della madre distesa sull'asfalto. Classe 1963, di casa a Ginevra dopo vari soggiorni a Zurigo e Parigi, in passato critica teatrale per il Journal de Genève & Gazette de Lausanne, corrispondente per il Feuilleton di Le Temps a Zurigo, poi giornalista freelance e traduttrice (tra gli altri di Lukas Bärfuss e Sibylle Berg), Sandrine Fabbri esordisce in lingua italiana con il suo romanzo Domani è domenica (uscito per Keller editore con la traduzione di Daniela Almansi) vincitore nel 2010 del Premio Pittard. Definito da L'Hebdo “un'opera dalla bellezza nera e brutale”, in esso l'autrice ginevrina con spietata lucidità e consapevolezza ripercorre un'infanzia difficile, un'esistenza traumatizzata ma al tempo stesso caparbia e lo fa avvalendosi di una prosa poetica, di una scansione narrativa serrata in cui la punteggiatura taglia e ferisce come fosse un affilato fendente. Quella di Sandrine Fabbri non è una favola per bambini, non è un racconto lieve e non fa ridere, è invece una storia intima e buia ambientata nella Ginevra tra gli anni Sessanta e Settanta che alla fine ci consegna un messaggio: vale sempre la pena vivere, nonostante tutto.

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