Laser

Caccia ai migranti

di Flore Murard Yovanovitch e Sara Sartori

  • 1 maggio 2017, 11:00
La fabbrica, Subotica, Serbia

La fabbrica, Subotica, Serbia

  • ©Mario Badalaiacca

LASER
Lunedì 1. maggio 2017 alle 09:00
Replica alle 22:35

A marzo 2016 l'Unione Europea e Turchia siglano un accordo in materia di immigrazione che formalmente chiude le frontiere europee, interrompendo il flusso migratorio su una delle porte europee più frequentate: la così detta "rotta balcanica". Qual è il costo umano di questa decisione?

Lo scopriamo nella zona di Subotica, nel nord della Serbia. Oggi metà di migliaia di profughi che ancora tentano di entrare in Europa attraverso l’Ungheria. Un muro di filo spinato e rete elettrificata lungo 175 km li separa dal loro sogno. Vorrebbero chiedere asilo legalmente, ma la nuova legislazione ungherese nega la Convenzione di Ginevra incentrando tutta la politica migratoria in un'azione di respingimento e detenzione.

Ogni notte, nascosti nei boschi, uomini, donne, bambini e minori non accompagnati; intere famiglie provenienti da Pakistan, Afghanistan, Siria e Iraq cercano di attraversare la frontiera, camminando a volte 40-50 km. Provano e riprovano a passare la frontiera anche cinque, sei volte, la maggior parte di loro senza successo. In territorio ungherese i rifugiati, uomini, bambini, nonostante provengano da zone di guerra, vengono pestati, svestiti, fatti camminare senza scarpe nel gelo. Gli vengono aizzati contro i cani, rotti i cellulari, unici ponti di comunicazione con le famiglie nei paesi di origine. Nonostante queste torture, i migranti ci riprovano, a rischio della propria vita.

La sopravvivenza, lungo la frontiera, è garantita solo dal lavoro dei volontari e dalle ONG che portano vestiti, cibo e garantiscono cure mediche e supporto psicologico.

Attraverso il racconto in prima persona di Flore Murard Yovanovich, giornalista e scrittrice, ascolteremo testimonianze di migranti e volontari; racconteremo le conseguenze delle scelte politiche di Bruxelles, i diritti negati, l'abuso e la deprivazione subita da migliaia di persone, esseri umani che scappano spinti dalla necessità, rischiando di morire per tentare di avere una vita migliore.

Ringraziamo tutti i migranti che ci hanno concesso di raccontare la loro storia e le voci di chi ha voluto doppiarli, in particolare Giorgio, romano di 11 anni, che doppia Ashan, profugo pakistano di 12 anni.

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