Riuscirà dove i suoi predecessori hanno fallito?
Modem

Pensioni, missione impossibile

Maggiori prelievi, IVA più alta - Presentata la riforma previdenziale 2020 targata Berset

  • 20.11.2014
  • 33 min
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E’ la più grande riforma del nostro sistema previdenziale degli ultimi vent’anni e dalle prime reazioni sembra che –nel suo complesso- non piaccia a nessuno, tanto che c’è già chi parla di riforma morta in partenza e destinata a fallire in parlamento.

Il messaggio sulla “Previdenza vecchiaia 2020”, licenziato mercoledì dal Consiglio federale, prevede in particolare il pensionamento a 65 anni per tutti, la riduzione del tasso di conversione LPP dal 6,8 al 6% (accompagnata da misure per aumentare l’avere di vecchiaia disponibile al momento del pensionamento), il prelievo di contributi anche sui salari inferiori ai 24'570 franchi e l’aumento dell’IVA fino a 1,5 punti percentuali per garantire il futuro dell’AVS.

L’obiettivo del Consigliere federale Alain Berset è una riforma globale del primo e del secondo pilastro, per riuscire così dove i suoi predecessori avevano fallito. Il progetto è ovviamente ancora suscettibile di modifiche, ma dal punto di vista politico è già dato per spacciato da molti. Secondo gli ambienti economici la riforma va attuata a tappe e non in blocco. Anche perché –dicono- è troppo costosa e “pericolosa per l’occupazione”. Ai partiti borghesi non piace l’idea di aumentare l’IVA per finanziare l’AVS e l’aumento dei contributi versati dai salariati nel secondo pilastro, mentre la sinistra è contro i 65 anni come età di riferimento per la pensione anche per le donne. Tiepidi, infine, i consensi da parte dei sindacati.

Il destino del progetto dipenderà anche da altri fattori, di natura politica: le prossime elezioni federali e la responsabilità del fallimento di una nuova riforma. Ma più in generale, in che misura e come il cantiere Berset potrà arrivare a tetto? Modem ne parla con Giovanni Giunta (direttore, per la Svizzera latina, della Fondazione Relève PME), Giuliano Bonoli (professore all’IDEHAP di Losanna) e Doris Bianchi (Unione sindacale svizzera).

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