Cinema

Trent’anni di Pulp Fiction

Premiato a Cannes nel 1994, il film di Tarantino ha segnato per sempre il mondo del cinema

  • 3 maggio, 08:25
  • 14 maggio, 16:00
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Di: Nicola Lucchi

Sono passati trent’anni dalla prima proiezione di Pulp Fiction (1994). Quel giorno, il pubblico di Cannes uscì dalla sala convinto di aver appena assistito a qualcosa di rivoluzionario o, come sostenne il critico Owen Gleiberman, alla “reinvenzione del cinema mainstream americano.” Peccato che parte di quello stesso pubblico non perse tempo a lamentarsi quando proprio Pulp Fiction soffiò la Palma D’oro a Tre colori - Film rosso (1994) di Krzysztof Kieślowski, che dopotutto era già entrato di buon diritto nella storia del cinema. Fischi a parte, è ancora oggi difficile trovare un cinefilo che non riconosca il valore del film più iconico di Quentin Tarantino.

Un classico è del resto un’opera senza tempo. Qualcosa che, malgrado gli anni passino, resta fresco come una rosa. Difficile pensare che lo fosse anche il suo autore, visto che per scriverlo scelse di rifugiarsi ad Amesterdam, che non è esattamente un monastero certosino. Poco più che trent’enne, con una scrittura illeggibile e colma di errori, qui tracciò la sceneggiatura del film su una dozzina di quaderni scolastici. L’idea non era solo di Quentin, ma dell’ex collega Roger Avary, che con lui faceva il commesso nella videoteca in cui il regista era stato assunto dopo aver abbandonato gli studi. I due si sarebbero dovuti dividere le scene e ad Avary sarebbero spettate quelle dedicate al pugile interpretato da Bruce Willis. Alcune di queste furono effettivamente scritte e pensate da Avary, ma a produzione avviata l’avvocato di Tarantino chiamò il coautore per mettere in chiaro che il suo nome sarebbe comparso dopo la dicitura “story by” e non dopo quella, certo più ambita, di “written by”. Il punto è che il regista voleva garantirsi l’ormai celebre scritta “Written ad directed by Quentin Tarantino”. In un primo momento Avary rifiutò l’offerta, ma la minaccia di essere completamente escluso dai crediti a seguito di una riscrittura totale delle sue scene lo fece desistere.

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Il film, in ogni caso, aveva trovato la propria strada produttiva. Tarantino non era sconosciuto nel mondo del cinema. L’attenzione di critici e produttori era già finita su di lui grazie a Le iene (1992), tra i film più chiacchierati del Sundance Film Festival di quell’anno. A distribuirlo fu la Miramax dei fratelli Weinstein e non è un caso che Pulp Fiction sarebbe stato il primo film ad essere interamente finanziato dalla storica casa di distribuzione. Un ruolo fondamentale, naturalmente, lo ebbe la Jersey Films di Danny DeVito, che visto l’esordio di Tarantino si era detto disponibile a produrre il suo film successivo.
Con un incasso complessivo di 214 milioni di dollari a fronte di una spesa di 8, una Palma d’oro e un Oscar per la migliore sceneggiatura originale, Pulp Fiction non si limitò a trasformare Bob e Harvey Weinstein in due colossi di Hollywood, ma tramutò in vere e proprie divinità attori come Samuel L. Jackson e Uma Thurman, rivitalizzando la carriera di John Travolta.
Curioso che, come riporta il giornalista Mark Seal, proprio Harvey Weinstein si dimostrò tassativamente contrario a inserire Travolta nel cast. In alternativa, offrì attori di spicco quali Sean Penn e Daniel Day-Lewis, senza però smuovere le idee del regista. Tarantino aveva già parlato con John Travolta. L’attore si era recato a casa del regista per sentirsi offrire due film: una pellicola sui vampiri chiamata Dal tramonto all’alba e un film di gangster intitolato Pulp Fiction. “I’m not a vampire person,” avrebbe risposto John, assicurandosi un posto, seppur con qualche remora, in un film epocale.
Non troppo sicura di accettare la parte era stata anche Uma Thurman, che Tarantino riuscì a convincere solo dopo lunghe ore di conversazione sul suo ruolo. “Nessuno potrebbe credere che esitai,” dichiarò l’attrice solo tempo più tardi. “Nemmeno io, col senno di poi.” Eppure, Uma Thurman non sarebbe diventata solo la musa del regista, ma un’icona le cui battute e movenze sono costantemente citate dentro e fuori dagli schermi.

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Samuel L. Jackson, Tim Roth, Harvey Keitel, Bruce Willis, Christopher Walken e tutto il cast, dai nomi più popolari a quelli meno conosciuti, si resero presto conto di essere entrati a far parte di qualcosa che avrebbe lasciato un segno indelebile nella storia del cinema. “Avevo sempre sognato, da grande, di fare l’aggettivo,” recita una delle citazioni più famose di Federico Fellini. Una sorte che in qualche modo toccò anche a Tarantino, perché viste le numerose imitazioni che fiorirono dopo l’uscita di Pulp Fiction, l’aggettivo “tarantiniano” non sarebbe risultato fuori luogo.

Parte del cast, riunitosi da poco al TCM Classic Film festival per festeggiare il trentesimo anniversario del film, ha tenuto a sottolineare l’importanza della pellicola non solo per la carriera di ogni singolo attore, ma per la storia del cinema. Harvey Keitel, ricordando come Tarantino storpiò il suo nome la prima volta che si incontrarono, ha dichiarato: “Quentin, con il suo grande talento, ha cambiato l’ambiente in cui lavoravamo. La sua forza estetica era così potente che aveva la facoltà di cambiare la tua direzione, e siamo tutti qui stasera per lo stesso motivo: rispettiamo l’arte e l’artista.” John Travolta, conscio di essere stato rilanciato grazie a questo film, ha così rincarato la dose: “Ho avuto un primo capitolo fantastico e stavo cercando disperatamente un secondo. È stato sbalorditivo vedere le opportunità che mi si sono presentate. Voglio dire, un attore può solo fantasticare su quello che dopo è successo a me.” In chiusura dell’incontro, Samuel L. Jackson avrebbe in fine strappato a tutti un sorriso ricordando come Pulp Fiction “ha cambiato la mia vita drasticamente, in quanto questo è stato il ruolo per cui la gente ha iniziato a pensare che fossi il figlio di puttana più figo del pianeta.”

Insieme a loro, ogni cinefilo ringrazia.

Curiosità al cinema – Pulp Fiction

Charlot 02.04.2023, 14:40

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