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“Putin non arretrerà mai, perché è un dittatore”

Lo scrittore Giuliano da Empoli a 60 minuti: “Un dittatore anche se fa un errore continua fino in fondo, invece noi ci distraiamo... Su questo puntano anche i nostri nemici”

  • 9 gennaio, 05:50
  • 9 gennaio, 15:17

60 minuti: l’intervista a Giuliano da Empoli

RSI Mondo 09.01.2024, 05:50

  • RSI
Di: 60 minuti/ RSI Info

“Il mago del Cremlino” è il suo ultimo libro e il suo primo romanzo. Pubblicato nel 2022 ha ottenuto grande successo in Francia, dov’è stato anche premiato, poi in tanti altri Paesi. L’autore è Giuliano da Empoli, scrittore e studioso italo-svizzero che vive a Parigi. Lo scrittore è stato intervistato da Reto Ceschi a 60 minuti, per parlare di Vladimir Putin, di Russia, dei misteri del potere e anche della salute, non brillantissima, della democrazia nel mondo.

Elezioni presidenziali russe il 17 marzo. Un’altra passerella per Vladimir Putin. Le possiamo definire una farsa politica in un contesto drammatico?

“Il risultato di queste elezioni in effetti è abbastanza scontato però, nonostante questo, non credo che si debba sottovalutare la portata di questo passaggio, perché le elezioni, per quanto evidentemente non libere, sono sempre un passaggio delicato. Si possono generare dei movimenti di opinione. Non dico che questo succederà in Russia, perché la situazione sembra ben presidiata dal potere del Cremlino, però anche la portata del risultato, la percentuale di voti reali che Putin avrà, sono comunque un test importante per lui stesso”.

Comunque Putin è un vincente. Si pensava che l’attacco all’Ucraina potesse essere la sua tomba politica, invece no. E poi ha fan anche qui da noi, quelli che adorano l’uomo forte e che detestano gli Stati Uniti. Com’è possibile tutto ciò? C’è una spiegazione?

“Credo che non ci siano dubbi sul fatto che Putin abbia commesso un errore nel febbraio dell’anno scorso quando ha deciso di invadere l’Ucraina, però bisogna riconoscere che è riuscito con il senso tattico - più che con quello strategico che lo contraddistingue - a sfruttare al meglio gli sviluppi di questo errore iniziale. Chi non riesce a imporre il suo ordine ha sempre la possibilità di provare a imporre il caos. Putin prova a imporre il caos in Ucraina e anche al di là, in Occidente, e per farlo si appoggia su tutte le fratture, tutti i conflitti, tutte le tensioni che attraversano anche le nostre società e si propone in tutti questi contesti come colui che porta delle risposte semplici, forti, legate alla tradizione, alle radici, e questo in momenti di confusione è un tipo di atteggiamento che può attirare molti, anche dalle nostre parti”.

Leggendo “il Mago del Cremlino” si rimane colpiti (tra le altre cose) dalla fusione perfetta di personaggi e fatti reali con elementi di finzione. Perché è passato dal saggio al romanzo?

“Ho fatto delle ricerche per questo libro esattamente come se si fosse trattato di scrivere un saggio, e tra l’altro tutti i fatti storici e politici che sono raccontati nel romanzo sono reali, non si trova nel libro nessun fatto storico o politico che non sia realmente accaduto. Il romanzo permette di fare una cosa che il saggio non permette, proprio quella di entrare nella testa dei protagonisti. Io avevo voglia di andare al di là e per fare questo non potevo adottare la forma del saggio. Avevo voglia di entrare in quelle stanze, in quelle teste, chiaramente proiettandoci con una forma di immaginazione, ma molto basata sulle ricerche e sui fatti che conoscevo”.

Il “Mago del Cremlino” non è Putin. È il suo più stretto consigliere (nella finzione Vadim Baranov). Ma il presidente non è un burattino...

“No, è tra l’altro una delle cose che il mio personaggio capisce per prime, perché c’è da dire che si accusano spesso i leader occidentali di non aver capito Putin per tempo, ma i primi che non hanno capito Putin sono stati quelli che l’hanno scelto, le persone che erano intorno al presidente e al precedente presidente della Federazione russa, che pensavano di scegliere un successore affidabile, prevedibile, un po’ noioso, ma molto controllabile, e si sono trovati di fronte un personaggio con caratteristiche diverse, quindi una forma di errore, di sbaglio di casting inaugurale, che chiaramente è stato provocato dal fatto che Putin ha una grande capacità di dissimulare, di apparire diverso da quello che in realtà è. Il protagonista del mio romanzo, capisce dall’inizio che invece Putin forse non è il grigio burocrate che credevano quelli che l’hanno scelto”.

C’è chi dice: da Ivan il Terribile (nel Cinquecento) in poi la Russia è sempre stata così. Putin, con la sua aria di mistero che è tipica del potere assoluto, è una variante moderna degli Zar?

“Questa è una cosa che ho provato a raccontare anche nel mio romanzo. Quando Putin viene nominato primo ministro nell’agosto del 1999 è il quinto primo ministro in due anni, nessuno lo conosce, e nessuno in fondo pensa che lui riuscirà a resistere più di qualche mese. Dopo di che succede una cosa terribile, nel settembre del ’99: gli attentati alle porte di Mosca. Una notte crolla un primo palazzo di abitazioni, come ce ne sono migliaia, sotto l’effetto di una bomba e poi dopo qualche notte un secondo, e poi un terzo, e questo semina il panico. Una specie di 11 settembre due anni prima, bisogna immaginare il panico della popolazione, di gente che dorme in casa e che è esposta al rischio durante il sonno di vedere scoppiare una bomba. Putin reagisce con una violenza inaudita a questi attentati. Prima verbalmente, dicendo che inseguirà i terroristi fin dentro i gabinetti se necessario e poi facendo la seconda guerra in Cecenia con una violenza straordinaria, perché i ceceni erano stati accusati di questi attentati. Quindi fin dall’inizio questa risposta molto violenta è un po’ il fondamento del potere di Putin, che installa la sua autorità e che lui avrà bisogno di riattivare periodicamente nel corso di questo quarto di secolo di regno. È in quel momento che diventa davvero lo Zar nel mio romanzo e penso purtroppo anche un po’ nella realtà”.

Dalla Russia di Putin alle nostre democrazie. In Europa in generale si può ancora dire che la politica è l’arte del possibile, come si usava dire in passato? Serve ancora a qualcosa? Sembra sempre più impotente.

“Credo che la democrazia sia più resistente di quanto non appaia, perché è capace nonostante i suoi difetti di correggere i suoi errori molto più di quanto non sia il caso delle dittature. Lo abbiamo visto ancora recentemente, nelle crisi che abbiamo attraversato. Il caso del Covid. Nonostante tutte le polemiche, le tensioni che si sono create, gli strumenti della democrazia hanno funzionato. In Svizzera abbiamo votato tre volte per sanzionare le decisioni che sono state prese in questa materia e credo che questo abbia dato molto in termini di serenità e legittimità delle decisioni che sono state prese. Ancora oggi questa capacità di correggersi della democrazia esiste, quello che purtroppo fa da contraltare a questa capacità è una certa volatilità, lo stiamo vedendo un po’ adesso sull’Ucraina, nel senso che Putin non arretrerà mai perché un dittatore anche se fa un errore continua fino in fondo, non può dimostrare nessuna forma di cedimento, e invece noi sembra quasi che ci distraiamo, che passiamo da un tema all’altro, che ci stanchiamo dopo qualche mese di una cosa, per passare a un’altra. Questa è un po’ la vulnerabilità sulla quale puntano anche i nostri nemici”. 

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