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Argentina, sciopero generale contro Milei

Forte adesione contro le politiche ultraliberiste di destra del presidente: si fermano aerei, treni, metropolitana e bus. Chiuse banche e scuole. Sospesa la raccolta dei rifiuti

  • 9 maggio, 21:51
  • 9 maggio, 21:51

Argentina in sciopero

Telegiornale 09.05.2024, 20:00

  • Tomas Cuesta/Getty Images
Di: ATS/RSI Info

È in corso oggi (giovedì) in Argentina uno sciopero generale di 24 ore contro la politica del governo del presidente Javier Milei. L’agitazione è stata promossa dalla principale centrale sindacale CGT, a cui hanno aderito anche i sindacati CTA-A e CTA-T. Si tratta della seconda azione di questo tipo realizzata dai sindacati argentini da quando l’ultraliberista Milei si è insediato nella Casa Rosada, il 10 dicembre scorso.

L’adesione è grande nei trasporti, con lo stop dei collegamenti aerei e dei servizi ferroviari a livello nazionale, mentre a Buenos Aires non circola la metropolitana, e il servizio di autobus urbani è al minimo.

Le banche pubbliche e private sono chiuse, con gli ospedali che funzionano solo per le emergenze, mentre le scuole pubbliche aderiscono allo sciopero. Da segnalare inoltre che la raccolta dei rifiuti è stata sospesa da mercoledì sera in varie città.

Al centro delle rivendicazioni dei sindacati è la questione salariale, sulla scia di un’inflazione che ha superato in marzo il 280% su base annua. Il settore è in agitazione anche per la prospettiva sempre più concreta dell’approvazione del pacchetto legge sulla deregolamentazione e le privatizzazioni. La normativa include infatti la vendita della compagnia aerea di bandiera Aerolineas Argentinas, così come di società di trasporto ferroviario, tanto passeggeri quanto merci.

Da parte sua la ex presidente Cristina Fernández de Kirchner aveva sferrato lo scorso 27 aprile un pesante attacco alla politica del governo Milei, denunciando che a causa di questa, “la gente muore di fame”. La ex capo di Stato ha criticato la politica economica di Milei, sostenendo che “gli argentini sono sottoposti a sacrifici inutili”.

Dopo aver confutato l’annuncio di un “storico” avanzo di bilancio nel primo trimestre di quest’anno, realizzato secondo lei “bloccando i pagamenti che lo Stato avrebbe dovuto fare”, la Kirchner ha bollato di anarco-capitalismo la dottrina presidenziale, aggiungendo che “non è neppure anarco-capitalismo, ma anarco-colonialismo”.

Rivolgendosi poi direttamente a Milei, ha sottolineato che “può darsi che il 60% degli argentini ti abbiano votato, ma se quando sei al governo la gente muore di fame, perde il lavoro, non arriva a fine mese, che senso ha?”.

Al termine del discorso durato poco più di un’ora, è giunta attraverso l’account X la replica di Milei: “Se la gente muore di fame è perché per decenni avete difeso un modello basato sulla spesa senza limiti e su falsificazioni contabili per coprire il deficit. Il risultato è un Paese distrutto con il 60% di poveri. E quello che stiamo facendo serve a ricostruire il Paese da voi distrutto”.

La prima protesta contro Milei? Quella sull’educazione

Non è stata la crisi economica, né l’inflazione alle stelle, i salari falcidiati o la povertà in crescita esponenziale a muovere la prima vera grande protesta di massa contro il governo ultraliberale di Javier Milei. Non sono stati neanche l’aperto revisionismo nei confronti dei crimini della dittatura, o la riforma del lavoro, la deregulation e le privatizzazioni. A far scendere in piazza centinaia di migliaia di argentini su tutto il territorio nazionale è stata la difesa dell’educazione universitaria “pubblica, universale e gratuita”, messa sotto scacco dalla drastica politica di tagli alla spesa portata avanti dall’esecutivo con l’obiettivo principale di risanare rapidamente il deficit di 15 punti del PIL ereditato dal governo precedente.

Applicando una riduzione di oltre il 70% al bilancio destinato agli atenei Milei ha messo a repentaglio il loro stesso funzionamento e si è scontrato contro un iceberg che non aveva visto arrivare. Il presidente ha giustificato e difeso la decisione sostenendo che le università pubbliche in realtà sono “centri di indottrinamento” e “antri di corruzione” della politica liquidando la protesta con un post sui social: “Piangono le zecche”, ha scritto il presidente raffigurandosi come un leone che beve le lacrime della sinistra.

Ma se una delle principali chiavi di lettura della sua vittoria alle presidenziali è stata la capacità di infondere nell’elettorato una speranza di riscatto dalla crisi che attanaglia il Paese, nello scontro con le università invece il leader ultraliberista è apparso mettere a repentaglio invece uno dei pochi mezzi di mobilità sociale rimasto a disposizione non solo delle classi basse, ma anche di una classe media sempre più impoverita.

“Il Governo sta andando contro il principale strumento di mobilità sociale che abbiamo, dobbiamo difendere il nostro diritto all’educazione”, ha dichiarato uno studente della facoltà di ingegneria dell’Università di Loma de Zamora che ha partecipato alla manifestazione di Buenos Aires. “Io mi sono laureata all’università pubblica, sono stata la prima della mia famiglia, e ho potuto far studiare anche mio figlio. Dobbiamo difendere l’educazione gratuita”, ha affermato invece Maria Vidal, laureata in sociologia all’Università di Buenos Aires.

Per l’analista politico Andres Malamud, con la grande manifestazione è stato lo stesso elettorato di Milei a dare un avvertimento’. “Il corteo di Buenos Aires è stato forse il più grande da quello del 1982 contro la dittatura, ma politicamente sono più importanti quelli delle province dove Milei a dicembre ha stravinto alle elezioni, come Cordoba o Mendoza”, ha detto Malamud. “Ci sono caratteristiche dell’istitituzionalità e dell’identità culturale argentina che bisogna affrontare con attenzione e il dato emerso in questa occasione è che l’educazione pubblica viene difesa dagli argentini in tutto il territorio nazionale, anche dove ha stravinto Milei”, ha aggiunto.

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