“Inazione climatica”. In pratica l’accusa di assistere passivi agli effetti nefasti del pianeta che si surriscalda. È l’accusa che sei giovani portoghesi, tra gli 11 e i 24 anni, rivolgono a 33 Paesi europei, tra cui la Svizzera.
La vicenda è approdata, con un’udienza senza precenti, mercoledì mattina davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo, nella sua composizione più solenne, quella con i 17 giudici della “Grande Chambre”. Alla CEDU viene chiesto di definire la propria giurisprudenza in materia.
“Questo dossier è uno dei tre casi” concernenti il surriscaldamento globale che la Corte sta esaminando, ha detto in apertura il presidente, l’irlandese Siofra O’Leary, riferendosi ad altre due denunce contro la Francia e la Svizzera (quella promossa dalle “Anziane per il clima”).
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“Il caso riguarda l’impatto del cambiamento climatico che i ricorrenti considerano imputabile agli Stati, in particolare i fenomeni di riscaldamento globale che provocano ondate di calore e incendi boschivi che incidono sulla loro vita e sulla loro salute”, ha spiegato O’Leary.
I giovani denuncianti hanno infatti vissuto sulla loro pelle gli incendi che nel 2017 hanno provocato, in particolare nel distretto di Leiria, in Portogallo, un centinaio di morti e bruciato decine di ettari di vegetazione. Essi sostengono che gli Stati non stanno facendo abbastanza per adempiere agli obblighi dell’Accordo di Parigi sul clima del 2015. E lamentano di essere lesi in prima persona dal cambiamento climatico: vuoi per questioni di salute, vuoi per l’angoscia esistenziale, per la paura dover vivere in un habitat reso invivibile dal cambiamento climatico.
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All’udienza erano presenti più di 80 avvocati ed esperti legali in rappresentanza di 31 dei 33 Stati imputati (i 27 membri dell’Unione Europea, la Norvegia, la Svizzera, la Turchia e il Regno Unito). L’Ucraina, contro cui i sei ricorrenti hanno rinunciato alle loro richieste, non era rappresentata, così come la Russia.
Un aspetto controverso è di tipo procedurale. I ricorrenti si sono infatti rivolti alla CEDU senza aver esaurito tutti i gradi di giudizio previsti negli Stati. Ciò sarebbe causa di inammissibilità, ma i giovani hanno argomentato che sarebbe sproporzionato chiedere loro di fare causa in tutti i Paesi coinvolti. Anche questa sarebbe una novità, se il loro ricorso venisse ammesso.
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Secondo Catherine Higham, ricercatrice di scienze politiche presso la London School of Economics, un successo dei giovani “potrebbe rappresentare un passo avanti decisivo nelle controversie sul clima”, costringendo i governi a “cambiare rotta e a ridurre le emissioni più rapidamente”.
La decisione della Corte non è prevista prima di alcuni mesi. A marzo, la CEDU ha tenuto altre due udienze sulla questione del riscaldamento globale nelle cause contro la Svizzera e la Francia. Il suo pronunciamento su questi tre casi di giustizia climatica è molto atteso.