Hamas “sta studiando” una proposta di tregua nella Striscia di Gaza che prevede un cessate il fuoco di diverse settimane ai combattimenti nella Striscia di Gaza in cambio della liberazione di decine fra i 129 ostaggi israeliani ancora nelle sue mani (34 dei quali probabilmente deceduti). Lo ha fatto sapere il movimento islamico, precisando tuttavia che il testo non soddisfa le richieste palestinesi. “Dichiarazioni non molto incoraggianti”, secondo la Casa Bianca, che dal premier del Qatar - Paese che con l’Egitto media nei negoziati fra le parti - ha avuto conferma che non è ancora giunta una risposta ufficiale, né in un senso né nell’altro.
La proposta era stata sottoposta nel corso di una maratona negoziale domenica al Cairo, secondo il consigliere alla sicurezza nazionale statunitense Jake Sullivan.
Stando a Washington, Israele ha fatto dei passi avanti, in particolare aprendo la Striscia a maggiori aiuti umanitari - circa 1’200 camion negli ultimi tre giorni - e sarebbe pronto a una tregua. Gli aiuti sono però ancora insufficienti per soddisfare i bisogni della popolazione, secondo l’ONU: se prima del conflitto scoppiato in ottobre entravano 500 camion al giorno, la media di marzo è stata di 150. E la metà di quelli che arrivano vengono ancora respinti all’ingresso.
Nel contempo, inoltre, in assenza della tregua che era stata pretesa anche dall’ONU, il Governo Netanyahu prosegue con i bombardamenti (con 153 nuovi morti in 24 ore) e mantiene il piano di un attacco di terra a Rafah, che gli Stati Uniti non si attendono comunque prima di un incontro bilaterale della settimana prossima e per il quale ritengono che Tel Aviv non disponga ancora di un piano credibile per proteggere la popolazione civile.
Proprio la richiesta di un cessate il fuoco immediato da parte di Israele e l’ingresso di aiuti a Gaza sono stati i due punti richiamati dalla Turchia nel giustificare la decisione di imporre limiti alle esportazioni di numerosi beni verso Tel Aviv, compresi prodotti in acciaio, ferro e alluminio. Una mossa alla quale Israele ha risposto decidendo di allargare la lista dei prodotti turchi che non entreranno più nello Stato ebraico. Continua intanto ad allargarsi anche il fossato fra Israele e l’Iran, che promette vendette indirette - tramite i movimenti da lui sostenuti nella regione - per l’attacco israeliano contro la sua ambasciata a Damasco.
La Germania deve difendersi all’Aia
È invece una battaglia giuridica quella che è proseguita martedì all’Aia, dove la Germania è chiamata a difendersi davanti alla Corte internazionale di giustizia dall’accusa rivoltale dal Nicaragua, secondo la quale, con le sue forniture di armi e munizioni a Israele, Berlino si sta rendendo complice di un genocidio. Il Governo tedesco respinge questa affermazione. L’udienza preliminare che era cominciata lunedì - nelle intenzioni di Managua - dovrebbe sfociare in un ordine diretto di interrompere gli aiuti militari allo Stato ebraico, ma anche di ripristinare il sostegno finanziario all’UNRWA, l’agenzia dell’ONU per i rifugiati palestinesi.