“Dobbiamo fermarci e negoziare un accordo per la restituzione degli ostaggi anche al costo di un totale ritiro da Gaza”. L’ex-primo ministro di Israele soppesa ogni parola: “Ci sono 132 ostaggi, non sappiamo quanti siano vivi. Rischiamo di perderne molti di quelli vivi se lo scontro militare proseguirà e Hamas comunque non sparirà”.
In questa intervista con la RSI, Ehud Olmert chiede il disimpegno totale dalla Striscia di Gaza, definisce inutile l’operazione in corso a Rafah, denuncia l’isolamento internazionale di Israele a causa della mancanza di strategie del gabinetto di guerra guidato da Netanyahu.
“Il Governo israeliano non ha alcuna strategia, purtroppo. E sfortunatamente non c’è stata nemmeno una discussione interna su che cosa potremmo aspettarci al termine dello scontro militare”, dice ricevendoci nel suo ufficio nel centro di Tel Aviv.
78 anni, due guerre condotte da capo del Governo - contro Hezbollah in Libano nel 2006 e contro Hamas nel 2009 - Olmert in passato ha trascorso 16 mesi in carcere per una condanna per tangenti e ostruzione della giustizia. Vanta una solida amicizia con gli Stati Uniti, confermata nelle due gigantografie con George W. Bush che campeggiano alle spalle della sua scrivania.
Nelle stesse ore in cui il ministro della difesa Yoav Gallant attacca Netanyahu e spacca il Governo israeliano, Olmert è durissimo verso l’attuale premier dello Stato Ebraico: “Penso che l’operazione a Rafah sia del tutto inutile perché non porterà a nulla”.
Per quale motivo il Governo Netanyahu non pone come priorità il rilascio degli ostaggi?
Ci sono due opzioni: la prima è fermare la guerra e impegnarsi a un ritiro totale da Gaza, in un modo verificabile, per convincere Hamas a riconsegnare gli ostaggi. L’alternativa è che la guerra prosegua. Fermarla adesso, per Netanyahu significherebbe la fine immediata della sua maggioranza in Parlamento, composta dai suoi partner messianici, pazzi e sconsiderati. E sarebbe percepita come un fallimento da parte della sua base. In questo momento Netanyahu non combatte per gli ostaggi, né per la sicurezza del Paese e nemmeno per distruggere i terroristi. Netanyahu combatte solo per la sua personale sopravvivenza politica.
È in corso una decadenza morale di Israele o solo della sua leadership?
È una domanda molto difficile, perché uno si chiede se sia solo la leadership…ma perché la maggioranza degli israeliani non reagisce e non se ne libera? Tutti i sondaggi negli ultimi mesi dicono che tra il 70 e l’80% degli israeliani non ha fiducia nel primo ministro. Una tale schiacciante sfiducia in tempo di guerra è una ricetta per il disastro. Dall’altra parte, sfiduciare il Governo in una società democratica come la nostra, come lo è stata e lo sarà, può avvenire solo per via parlamentare, che è l’essenza della democrazia.
Signor Olmert, lei nel 2009 guidava il governo di Israele: lanciò una guerra contro Hamas nella Striscia di Gaza. Però non servì a eliminare il movimento islamico né a garantire la sicurezza degli israeliani. Perché dovrebbe funzionare ora?
Nel 2009 ho provocato un impatto doloroso e devastante su Hamas a Gaza, ma poi ho annunciato un’iniziativa diplomatica con un cessate-il-fuoco. Ho coinvolto subito i leader europei che vennero qui in Israele a esprimere il loro supporto: questo avveniva all’interno di una strategia politica che loro potevano sostenere. Oggi l’assenza di tale strategia politica rappresenta il tragico fallimento del Governo di Israele.
Sul piano internazionale, quanto pesa tutto questo verso gli alleati, a partire dagli USA ma non solo?
Guardi, immaginiamo una “vittoria totale” con la distruzione completa di Hamas, ammesso che questo avvenga un giorno o l’altro, speriamo presto…anche se non sono cosi sicuro. Mettiamola così: “Hamas non c’è più”. E dopo? Ci sono ancora milioni di palestinesi. Qual sarà la strategia di Israele? Continuiamo l’occupazione della Cisgiordania e di Gaza? Faremo i poliziotti della Striscia? Questo è ridicolo. Non serve gli interessi di Israele né all’opinione pubblica dei nostri migliori amici in Europa e negli Stati Uniti. Loro non vedono i vantaggi di questa operazione militare. Ecco perché secondo me stiamo pagando un prezzo elevatissimo in termini di opinione pubblica, nel senso della percezione di Israele come una forza brutale.
Ma lei crede davvero in una “vittoria totale” contro Hamas, come sostiene Netanyahu?
Non c’è probabilità di una “vittoria totale” come l’ha definita il primo ministro. Abbiamo visto cosa succede: Israele si è ritirato dal nord di Gaza e Hamas è immediatamente ricomparso, perché manca una strategia su cosa fare dopo l’operazione militare. E tutto ciò provoca una sfiducia che si sta diffondendo, a partire dal presidente Biden fino all’Europa e a chiunque altro. Questa è la principale minaccia strategica per l’interesse nazionale di Israele. L’inevitabile conclusione è che tra la sopravvivenza del suo Governo e quello dello Stato di Israele, Netanyahu sembra preferire il suo interesse politico.