Svizzera

Risarciti gli asilanti imprigionati illegamente

Il Tribunale federale ha dato ragione a due migranti che erano finiti in regime di carcerazione amministrativa dopo il respingimento della loro domanda l’asilo

  • 16 aprile, 13:54
  • 16 aprile, 15:25

RG 12.30 del 16.04.2024 - Il servizio di Monica Fornasier

RSI Svizzera 16.04.2024, 12:57

  • Keystone
Di: RG/RSI INFO

Stanno facendo discutere i recenti casi di due richiedenti l’asilo la cui domanda è stata respinta, che si sono rifiutati di lasciare la Svizzera e che per finire lo Stato ha dovuto risarcire, perché incarcerati illegalmente. Ma casi come questi non sono poi così isolati.

I due episodi si sono verificati nel Canton Soletta e in Appenzello Esterno. Il primo cantone deve risarcire un etiope, che nel 2020 aveva rifiutato di prendere l’aereo per tornare nel suo Paese. L’uomo ha poi passato in custodia cautelare 10 mesi. Una lunga detenzione dovuta al fatto che la Segreteria di Stato della migrazione (SEM) non riusciva a ottenere dall’ambasciata etiope i documenti necessari per il rimpatrio. Il Tribunale federale ha stabilito che ha passato 50 giorni di troppo in prigione. Resta ancora da chiarire l’entità del risarcimento: l’etiope chiede 200 franchi al giorno di detenzione illegale, Soletta intende pagare un massimo di 10 franchi al giorno.

Il secondo caso riguarda un giovane africano arrivato in Svizzera dalla Spagna, detenuto per quasi un anno. In questo caso, il Tribunale federale rimprovera alla SEM di aver fatto troppo poco per l’espulsione. Procedura andata per le lunghe anche perché inizialmente il ragazzo aveva detto di provenire dalla Guinea e in applicazione dell’accordo di Dublino era stato rinviato in Spagna. Era poi stato nuovamente fermato in Appenzello Esterno, ma la Spagna aveva rifiutato un secondo rinvio. Nel frattempo, aveva dichiarato di essere in realtà originario della Costa d’Avorio. La richiesta di risarcimento in questo caso è di 61’000 franchi.

Due storie molto diverse ma dal risvolto analogo, come racconta Lea Hungerbühler, presidente di AsyLex, associazione che con i suoi avvocati aiuta i migranti: “Purtroppo, accade continuamente che le persone vengano imprigionate e che questa detenzione successivamente si riveli illegale, quando si tratta di carcerazioni amministrative. Le ragioni dell’illegalità variano. In alcuni casi sono le condizioni carcerarie a essere illegali. In parte è la durata della reclusione. Oppure può anche darsi che i motivi della detenzione in realtà non esistano affatto, vale a dire che una persona non dovrebbe essere detenuta perché le condizioni previste dalla legge non sono affatto soddisfatte o che le circostanze individuali non sono state sufficientemente affrontate”.

Nei due casi specifici si parla di diversi tipi di carcerazione, che rientrano nella carcerazione amministrativa e per legge sono ammessi un massimo di 18 mesi di detenzione. “Ma durante questi 18 mesi si effettuano anche ripetuti controlli sulla detenzione. Normalmente un tribunale concede altri tre mesi al massimo. Tuttavia, nei singoli casi ci si pone sempre questa domanda: quali misure sono già state adottate per l’espulsione? Una persona non può essere semplicemente incarcerata per 18 mesi, durante i quali le autorità non fanno nulla. La detenzione deve sempre essere accompagnata da misure concrete da parte delle autorità, altrimenti la persona deve essere rilasciata”, spiega ancora Lea Hungerbühler.

AsyLex ha avuto oltre 10’000 clienti negli ultimi anni e riceve ogni giorno numerose richieste da parte di persone che sono fuggite, per vari motivi, in parte perché detenuti, in parte perché hanno altri problemi legali. La presidente ci tiene a mettere l’accento su questi due casi, non per l’aspetto del risarcimento evidenziato dalla stampa d’oltralpe, ma per “sottolineare che si tratta di casi in cui le persone sono state incarcerate anche se non avrebbero dovuto esserlo. Ci sono state violazioni molto chiare e palesi dei diritti umani e del diritto alla libertà, che è uno dei diritti più importanti che abbiamo. Se qualcuno fa qualcosa di illegale, ne è responsabile e deve pagare. E per fortuna questo vale anche per lo Stato”.

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