Analisi

Russia, la grande assente al WEF di Davos

La Federazione non è presente al forum per il secondo anno consecutivo a causa della guerra in Ucraina – L’Occidente ha cercato di indebolirla ma le sanzioni sono state poco efficaci

  • 16 gennaio, 05:35
  • 19 febbraio, 15:50
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Il presidente russo Vladimir Putin

  • Keystone
Di: Stefano Grazioli

Al WEF di Davos la grande assente è per il secondo anno consecutivo la Russia. La guerra in Ucraina iniziata nel febbraio del 2022 ha isolato Mosca sul fronte occidentale, esclusa dai grandi tavoli politici ed economici, ma sulla scacchiera internazionale, dall’Asia al Sudamerica passando per l’Africa, il Cremlino continua a tessere le proprie relazioni: Vladimir Putin è riuscito così a evitare l’emarginazione che secondo Stati Uniti ed Europa avrebbe dovuto costringerlo, tramite lo strumento delle sanzioni, a cambiare la propria strategia.

La guerra commerciale e finanziaria dell’Occidente contro la Russia, fatta di progressivi provvedimenti restrittivi contro soggetti pubblici e privati, non ha però sortito sino ad ora grandi effetti, tant’è vero che il conflitto nell’ex repubblica sovietica procede ancora in questa fase con l’iniziativa russa e l’Ucraina sulla difensiva. Da un lato il Cremlino pare essere in grado di assorbire gli effetti negativi delle sanzioni, anche grazie alla resilienza sviluppata a partire dal 2014, quando dopo l’annessione della Crimea sono state prese le prime misure da parte di Usa e Ue, e dall’altro sembra altrettanto evidente che l’impianto sanzionatorio occidentale è facilmente permeabile. 

Sanzioni poco efficaci

Secondo uno studio pubblicato all’inizio di gennaio 2024 da Econpol Europe, piattaforma europea di ricerca coordinata dai tedeschi Ces (Center of economic studies) e Ifo (Institut für Wirtschaftsforschung), nonostante le restrizioni di Bruxelles, solo circa un terzo delle esportazioni prebelliche verso la Russia è stato pienamente sanzionato; la maggior parte degli scambi rimane inalterata o soggetta a numerose esenzioni. Il gas, ad esempio, non è stato per nulla colpito, a differenza del petrolio, che lo è con varie eccezioni. E mentre le esportazioni complessive russe sono diminuite del 32%, le importazioni sono aumentate del 17% grazie a metodi innovativi per aggirare le sanzioni commerciali. Questione che vale anche per l’export nel settore energetico, nel quale la Russia ha virato parte delle forniture petrolifero verso l’India, dalla quale poi l’Occidente acquista petrolio raffinato.

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Economia in crescita

La Cina inoltre è secondo Econopol Europe il paese d’origine alternativo più importante della Russia per i prodotti soggetti a sanzioni e da Pechino arriva il 61% dell’import. L’economia russa in generale mostra segnali di ripresa, spinta dalla robusta domanda interna derivante dagli stimoli fiscali del periodo di guerra e contribuendo per circa il 10% al pil nel 2022-23. Importante in questa prospettiva la gestione della politica economica e monetaria da parte della governatrice della Banca centrale russa Elvira Nabiullina, fedelissima di Putin. Il prodotto interno lordo reale e la produzione industriale russa sono cresciuti rispettivamente del 2,5% e del 3%, indicando la ripresa dalla crisi economica. Gli aumenti dei tassi da parte della Banca centrale hanno stabilizzato il tasso di cambio del rublo, ma le pressioni inflazionistiche persistono. La disoccupazione è ai minimi storici, sul 3%. Per il 2024 è prevista una leggera crescita dell’economia intorno al 2%, secondo le maggiori istituzioni internazionali.

Rischi di stagnazione

Stando alla ricerca di Econopol Europe i settori che beneficiano dell’attuale andamento dell’economia, tra sanzioni esterne e spinte interne, sono soprattutto quelli legati alle produzioni militari, ma anche l’edilizia. La carenza di manodopera, dovuta anche alla mobilitazione e contenuta sola in parte grazie alla forza lavoro proveniente dalle repubbliche ex sovietiche dell’Asia centrale, e le complicazioni tecnologiche dovute ai divieti occidentali pongono però sfide per il futuro a medio termine. Il previsto rallentamento della crescita al di sotto del 2% nei prossimi anni potrebbe condurre a tassi di interesse più elevati che limiteranno la crescita del credito e metteranno in difficoltà maggiori fette della popolazione. Il prolungamento del conflitto in Ucraina potrà poi portare a una eccessiva espansione delle spese militari con il rischio di una stagnazione economica del dopoguerra. Per ora in ogni caso la Russia continua a navigare, senza correre il rischio di affondare.

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