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Brexit, ma quanto ci costi?

Prosegue il cammino verso marzo 2017 e gli esperti d'economia non nascondono scenari cupi, molto cupi

  • 16 ottobre 2016, 09:39
  • 8 giugno 2023, 00:14

Una sola certezza: conti salati per il Regno - di Lorenzo Amuso

RSI Mondo 16.10.2016, 08:00

  • ©Lorenzo Amuso

Il balletto sui costi della Brexit non si è mai fermato. Aveva caratterizzato la lunga e aspra vigilia dell’appuntamento referendario, è proseguito per tutta l’estate, per riaccendersi ora che la Premier Theresa May ha fissato l’orizzonte temporale dell’uscita dall’Europa. I brexiters avevano etichettato come la “campagna della paura” le previsioni catastrofiche di chi si opponeva al divorzio da Bruxelles. Promettendo piuttosto di destinare al servizio sanitario nazionale i 420 milioni di franchi che settimanalmente Londra ancora versa all’Unione sotto forma di contributi europei. Una doppia menzogna. Non solo perché la cifra - al netto del rimborso, degli investimenti e delle sovvenzioni comunitarie - è largamente inferiore. Ma soprattuto perché l’NHS difficilmente vedrà anche solo una parte di quel tesoretto. E’ stato lo stesso Nigel Farage, uno dei volti della Brexit, ad ammetterlo all’indomani della storica vittoria.

Aiuti bancari

È unanime il consenso tra gli economisti nel ritenere gravido di incertezze il futuro (economico) del Regno. Non devono ingannare i primi quattro mesi post-voto, gli ottimi risultati dell’indice manifatturiero, cresciuto in settembre di 2/3, o l’ascesa record della borsa. E anche il collasso della sterlina, mai così in basso nel cambio sul dollaro da più di 30 anni, ha comunque avuto effetti positivi, sul turismo e le esportazioni. Ma se è vero che finora l’economia ha retto, non sono certo da sottovalutare gli aiuti garantiti alla Bank of England quando in estate ha deciso di abbassare allo 0,25 i tassi d’interesse. Una misura per evitare il rischio recessione, accompagnata dall’ampliamento del piano di acquisti di asset da 450 miliardi di franchi a 525 miliardi.

Previsioni nere

Secondo lo studio di una società di consulenza, Oliver Wyman, l’epicentro dei contraccolpi causati dalla Brexit sarà la City di Londra, il suo settore finanziario. Una perdita di ricavi che si aggirerà sui 60 miliardi all’anno, 15 miliardi in meno di gettito fiscale e la perdita di almeno 70mila posti di lavoro. Ancor più inquietante lo scenario prefigurato dal ministero del Tesoro, misteriosamente giunto ai giornali la scorsa settimana. Si paventa una riduzione generale del gettito fiscale pari a quasi 100 miliardi all’anno, dovuto ad una contrazione del PIL del 7,5%. La svalutazione della sterlina è già costata al Regno Unito una posizione nella classifica delle nazioni più ricche del G7, sorpassata sul quinto gradino dalla Francia. Tra due anni, a Brexit compiuta, l’economia presenterà il conto finale.

Lorenzo Amuso

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