Un marziano a Lugano

"Dalla A alla Zeman, Bohemian Rhapsody, il Kafka del pallone", sono solo alcuni dei titoli più abusati su Zdenek Zeman. Titoli che non raccontano solo la vita di un allenatore, ma che ne scandagliano il carattere spesso di difficile comprensione, tanto da meritare interi documentari "antropologici" sul commissario tecnico più controverso giunto in Italia negli ultimi 30 anni.

A "pedinare" il boemo sbarcato a Lugano, ormai da molto tempo, c'ha pensato Giuseppe Sansonna, autore, regista e documentarista italiano che più di ogni altro ha fotografato quel circo stabile, "Zemanlandia", il parco giochi più famoso del mondo del calcio della vicina Penisola. Zeman si è aperto al regista italiano permettendogli di raccontare un calcio che è arrivato un po' inaspettatamente sulle rive del Ceresio, lontano da quei clamori che hanno condannato "il mister" ad essere un personaggio.

Non va al cinema dal '75 perché non si può fumare in sala, ama l'hockey e ha preso spunto anche da questo per il suo tipico modulo di gioco. Un particolare, quest'ultimo, che in Svizzera non è irrilevante. Per Sansonna, che ha deciso di raccontare qualche particolare sul nuovo commissario tecnico del Lugano, lui è una sorta di Clint Eastwood e come tale va trattato: con primi piani degni di un duellante che vede nell'innovazione del gioco del calcio la vera sfida.

Ne racconta soprattutto un aspetto umano, verace, rende il "marziano" un uomo normale, da bar sport, che può essere racchiuso in un pensiero anche e soprattutto a proposito di quanto sta avvenendo nel mondo del calcio internazionale: "E' vero, ha detto il boemo in un occasione, che il calcio è sempre meno un gioco e sempre più un grande business. Però io, dalla mia panchina, continuo a veder correre persone. Non soldi". La sua panchina, da oggi, sarà a Cornaredo.

sdr