Ticino e Grigioni

Via Odescalchi, tutti in aula

Inizia il processo nei confronti dei cinque uomini accusati dell’uccisione di un 35enne portoghese

  • 12 settembre 2016, 09:01
  • 7 giugno 2023, 23:11

Processo al via. Il servizio dell'inviato Ludovico Camposampiero - di Fabio Salmina

RSI 12.09.2016, 13:13

Una raffica di colpi esplosi a distanza ravvicinata che lasciarono steso a terra in Via Odescalchi il corpo senza vita di un 35enne portoghese: era la sera dell’8 ottobre del 2015 quando il grave fatto di sangue riportò prepotentemente in prima pagina questo quartiere disagiato di Chiasso, già balzato agli onori della cronaca per casi violenza, spaccio e prostituzione.

Oggi, a poco meno di un anno dai fatti, si apre alle Assise Criminali a Lugano il processo nei confronti dei protagonisti di quella sera. Cinque uomini compaiono alla sbarra con l’accusa di assassinio, subordinatamente omicidio intenzionale. Si tratta di due svizzeri di 27 e 28 anni, un 27enne italo-brasiliano, un rumeno di 37 anni e un kosovaro di 30 anni. Insieme o singolarmente dovranno rispondere anche di altri reati, tra i quali aggressione e infrazione delle leggi federali sulle armi e stupefacenti.

Appuntamento a Chiasso - L’incontro fra la vittima e gli aggressori non fu casuale; si erano dati appuntamento per dare seguito alla lite scoppiata pochi giorni prima in una discoteca a Grancia.

Non una visita di cortesia, ma un vero e proprio regolamento di conti, tanto che lo stesso 35enne portoghese rimasto ucciso si presentò armato all’incontro. Rimangono però ancora dubbi da dissipare riguardo la dinamica della sparatoria. L’inchiesta ha stabilito che è stato il membro più giovane del quintetto ad esplodere due colpi in direzione del lusitano. Pure dalla pistola di quest’ultimo sono però partiti dei proiettili. Ma è stato lui ha fare fuoco per primo? Oppure ha sparato in punto di morte prima di accasciarsi al suolo? Domande che forse in aula troveranno una risposta.

Rischiano oltre 10 anni di carcere - Assassinio, dunque, l’accusa più grave formulata dalla procuratrice pubblica Pamela Pedretti e di cui il gruppo deve rispondere davanti alla Corte presieduta dal giudice Mauro Ermani. Un reato punibile anche con il carcere a vita o comunque con una pena non inferiore ai 10 anni di carcere. La sentenza dovrebbe arrivare entro la fine della settimana.

ludoC

Ti potrebbe interessare