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Bene il mercato del lavoro ma attenzione alla produttività

di Gianluca Colombo

  • 11 aprile 2017, 14:20
Bene il mercato del lavoro ma attenzione alla produttività
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Martedì 11 aprile 2017 alle 12:20

Nei giorni scorsi sono state pubblicate due serie di dati: quella sulla disoccupazione e quella sui salari. Entrambi mostrano un’economia ticinese in progresso. I dati sulla disoccupazione (generale, giovanile, degli ultra cinquantenni) sono migliorati per rapporto sia al mese precedente, sia all’anno scorso. Siamo in generale al 3.6% contro una media nazionale del 3.4%. La seconda serie di dati mostra che in Ticino il salario mediano è cresciuto negli ultimi anni, ma ancora è inferiore alla media nazionale. Una variabile spesso trascurata in questi confronti è la produttività del lavoro che in Ticino è inferiore alla media Svizzera (si veda una ricerca IRE-UBS dello scorso anno). In Ticino, cresce l’occupazione ma non la produttività, cioè il valore aggiunto per unità di lavoro. Che cosa succede se la produttività non aumenta? Succede che gli investimenti delle aziende rendono meno e che diminuisce l’incentivo a investire. Succede anche che diminuiscono gli spazi per aumentare i salari. Insomma, l’economia gira ma a ritmi ridotti. Non è un problema solo locale: gran parte dei paesi sviluppati soffre di bassa produttività. È però importante capire che differenze di produttività all’interno di un Paese (com’è il caso del Ticino per rapporto alla Svizzera) hanno conseguenze importanti sulle prospettive economiche delle regioni coinvolte. Le aree a bassa produttività non attirano investimenti e compromettono il loro futuro a medio e lungo termine. Perché il Ticino ha una produttività inferiore alla media Svizzera. Le cause sono molteplici e sono ben analizzate nella ricerca citata. Ne rilevo due che mi sembrano particolarmente importanti: la fiscalità ticinese non premia gli investimenti in capitale umano e in tecnologia; le dimensioni delle imprese ticinesi sono inferiori a quelle medie svizzere. Entrambi questi fattori contribuiscono a creare una fragilità dell’economia ticinese. Sul primo fattore (la fiscalità) spero che le aperture del DFE (dopo la bocciatura della III riforma delle imposte sulle imprese) si trasformino rapidamente in atti di governo e legislativi. Sulla seconda, credo che dovrebbero essere promosse alleanze tra imprese piccole e medie (anche mediante incentivi fiscali). Queste alleanze, raccomandate anche dalla ricerca IRE – UBS) dovrebbero guardare anche fuori Cantone, in Svizzera e in Italia. A questo proposito, la recente notizia di un’associazione di 18 imprese ticinesi e insubriche che punta a costruire sinergie per competere sul mercato internazionale fa decisamente ben sperare. Vale la pena di ricordare che i confini nazionali non sempre s’accordano con quelli economici. Economia e geografia sono intrecciate in dinamiche co-evolutive in grado di superare anche le più ottuse barriere ideologiche.

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