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Free work, ovvero lavoro non pagato

di Christian Marazzi

  • 20 novembre 2014, 13:20
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Stage ragazzi scuole medie presso i servizi comunali del Comune di Chiasso

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Plusvalore 20.11.14

Plusvalore 20.11.2014, 13:20

Da quando si è “scoperto” che all'Expo di Milano il 60 percento di chi vi lavorerà lo farà gratuitamente, il paradigma del free work, nel suo duplice significato di lavoro gratuito e libero, sta emergendo come una caratteristica significativa del lavoro contemporaneo. Anche in Svizzera, stage, volontariato, straordinari non pagati, lavori a fronte di salari molto bassi, attività e capacità richieste ma non riconosciute e quindi non retribuite, segnalano l'emergenza di una nuova forma di lavoro che non integra il lavoro contrattualizzato, ma lo sostituisce. Si tratta di una forma particolare di volontariato che, ben diversamente dal lavoro che giovani e meno giovani prestano per scelta, ad esempio in case per anziani, in ambito familiare, in missioni d'aiuto internazionali, in situazioni d'emergenza, ha in questo caso la forma della coazione, dell'obbligo. Come dice un giovane in stage, “Se il lavoro che regalo, lo regalo spontaneamente, per me sì, è, oltre che etico anche un gesto quasi nobile, se invece il lavoro 'devo' regalarlo per tutti i motivi del mondo, no, non è etico, è svilente e umiliante”.

Lavorare gratuitamente per “fare curriculum”, per accumulare esperienza e competenze, per “tessere relazioni”, sono queste le ragioni normalmente addotte per giustificare l'offerta di un lavoro che, si dice, porterà in un futuro non meglio definito al posto di lavoro fisso. E' un po' quanto accade col lavoro interinale, da anni ormai assai diffuso in Svizzera, che in teoria dovrebbe facilitare l'inserimento professionale, ma che sovente si prolunga per anni e anni, di fatto precarizzando il mercato del lavoro che si voleva flessibile per renderlo più efficiente in un mercato globalizzato e imprevedibile. Oggi, in Svizzera, i lavoratori temporanei prestano servizio per un totale di ore di lavoro equivalente a oltre 75'000 posti di lavoro a tempo pieno. Se al lavoro a tempo determinato si aggiunge il lavoro a tempo parziale, che in Svizzera rappresenta il 36 percento della popolazione attiva occupata, di cui due terzi è, di fatto, lavoro sottoccupato, ci si rende conto di come nel corso degli ultimi vent'anni sia cambiato il mondo del lavoro. Invece di guardare alle variazioni minime, almeno in Svizzera, del tasso di disoccupazione, sarebbe più opportuno ragionare sul tasso di occupazione precaria, una categoria sociologica e economica che meglio rende conto dello stato di salute della nostra società.

Che il lavoro gratuito sia una strategia per ridurre il costo del lavoro, pare evidente. Il free work è infatti emerso e si è espanso durante la crisi per far fronte alle difficoltà di impiego. La domanda è se questa forma di lavoro non remunerato sia destinata a cronicizzarsi. Il lavoro gratuito non è solo auto-sfruttamento, in esso spesso coabitano il bisogno di reputazione, la passione, il riconoscimento identitario, le reti sociali. E' a partire da queste tonalità emotive che si dovrebbe dare valore pubblico e riconoscimento in termini di diritti a un lavoro altrimenti destinato all'invisibilità sociale.

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