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Mentre la Svizzera rifiuta la riforma fiscale, gli USA preparano la rivoluzione

di Marco Salvi

  • 13 febbraio 2017, 13:20
Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump

Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump

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Lunedì 13 febbraio 2017 alle 12:20

Il successo ieri del referendum contro la terza riforma dell'imposizione delle imprese non è una sorpresa. Vedremo se le Camere federali saranno in grado di elaborare un nuovo compromesso, rinunciando probabilmente alla famigerata deduzione degli interessi sul capitale proprio, un concetto che - ne abbiamo ora la certezza - piace più agli economisti che ai cittadini.

A livello internazionale è però un’altra riforma tributaria a fare notizia queste settimane: quella in gestazione presso il congresso degli Stati Uniti, oramai saldamente in mano al Partito Repubblicano. Più che di una riforma fiscale si tratta in questo caso di una vera rivoluzione che, se attuata, avrebbe ripercussioni anche sulla piazza economica elvetica.

Il piano prevede l’eliminazione pura e semplice dell’imposta sul reddito delle imprese per vendite all’estero, ma tasserebbe le importazioni negli USA, in modo analogo all’IVA europea.

Oggi le pratiche di ottimizzazione fiscale delle imprese multinazionali americane dipendono in gran parte dalla possibilità di concentrare i proventi in paesi che applicano una tassazione moderata, quali l’Irlanda, i Paesi Bassi o appunto la Svizzera. Con il piano dei Repubblicani, questo vantaggio sarebbe caduco poiché verrebbero a mancare gli incentivi strettamente fiscali che giustificano le pratiche attuali.

C’è chi dubita della fattibilità e dell’utilità di una riforma così sostanziale. Esperti ritengono esagerate le stime secondo cui la nuova imposta inietterebbe nelle casse del Tesoro degli Stati Uniti entrate supplementari di 100 miliardi di dollari, pari a un terzo del gettito odierno. Inoltre, la transizione verso un nuovo sistema sarebbe estremamente impegnativa, contravverrebbe alle regole dell’Organizzazione Mondiale sul Commercio (OMC) e probabilmente offrirebbe nuove possibilità di ottimizzazione.

In ogni modo, le conseguenze fiscali di un esodo graduale delle multinazionali Usa dalla Svizzera sarebbero considerevoli. Mancano dati precisi, ma si può supporre che una parte importante dei circa 4 miliardi di franchi incassati ogni anno da Confederazione e Cantoni da holdings e società miste sia da ricondurre a queste imprese.

Un vantaggio significativo della piazza economica svizzera – la tassazione moderata degli utili per i redditi mobili – perderebbe importanza, almeno dal punto di vista di giganti USA presenti in Svizzera, tra i quali Starbucks, Mondelez o Google. Svantaggi strutturali del nostro paese come l’alto costo della vita, l’accesso limitato al mercato interno europeo o la difficoltà di reclutare personale qualificato da paesi non-EU inciderebbero ancora più fortemente. Una conseguenza inattesa del piano di Trump – come del voto di ieri sulla RI imprese 3 – sarà quindi a termine di rendere ancora più necessarie riforme strutturali nel nostro paese.

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