Hockey

La coperta di Linus (e Freddy)

HC Lugano: considerazioni di amarissima fine stagione

  • 13 marzo 2015, 12:33
  • 7 giugno 2023, 06:03
Pettersson

Campionato finito

  • EQ Images

dall’inviato a Ginevra Giampaolo Giannoni

La serie non l'ha persa il Lugano, l'ha vinta il Servette. Differenza sottile, ma non banale che porta ad alcune riflessioni su questo ennesimo coitus interruptus biancogiallonero.

La squadra. Costruita da, con e per Patrick Fischer (e Peter Andersson), modificata da, con e per Patrick Fischer (e Peter Andersson) nel corso dei mesi, ha denunciato nel momento topico carenze che la coperta di Linus (e Freddy) aveva nascosto in regular season. Troppe volte i due svedesi han vinto da soli le partite. Meglio, le hanno risolte, consentendo agli altri di limitarsi ai compiti semplici. Primo non prenderle che poi ci pensa la premiata ditta. Nei playoff al Servette è bastato bloccare i folletti per annullare quasi tutti i pericoli per la gabbia di Mayer (e Descloux). Nessuno ha saputo prendere per mano il gruppo e dalla panchina non è arrivato alcun accorgimento a livello tattico (mai un dump, mai un chase) per scompaginare il copione, tanto che sin dal prologo si è capito chi fossero gli assassini (2 x Pyatt e D'Agostini) e chi il mandante (McSorley). Anzi, quando la frenesia (panico?) ha iniziato a farsi largo, l'unico schema è parso: “Tiro di Pettersson e sperem in ben...”.

La filosofia. Partito con un budget da metà classifica (ipse dixit cum graphici Roland Habisreutinger a settembre), il Lugano si è regalato in corsa (cedendo tanto va detto) Brunner, Simek, Paakkolanvaara, Andersson e Bertaggia. Due le conseguenze. Da un lato l'obbligo di creare nuovi equilibri in spogliatoio rispetto a gerarchie consolidate, dall'altro l'emarginazione dei giovani col bianconero nel cuore che tanto spazio avevano trovato all'inizio e che poi poco ghiaccio han visto. Vero: se ti regalano Brunner e Simek devi solo ringraziare e non pensare a chi è partito o a chi non gioca. Altrettanto vero: se il risultato non arriva il tonfo fa ancora più rumore.

Nuovi arrivi sono già a referto, qualcuno andrà piazzato (Walsky), qualcuno riqualificato (Simek), qualcuno valutato (McLean), qualcuno lasciato partire (Fazzini? Romanenghi? Dal Pian che si sussurra amerebbe ritrovare l'amico Stucki...) perché la prossima sia una stagione all'insegna di una ancora maggiore stabilità (sul ghiaccio, ma anche nel segreto dello spogliatoio) che, lo ha dimostrato il Servette, è madre di ogni successo.

Il tecnico. Patrick Fischer è un work in progress. In lui arde il sacro fuoco. Patrick è un uomo vero prima che un allenatore. Patrick è sostenuto dalla dirigenza, può lavorare tranquillo. Istrionico, vulcanico, moderno, ha ampi margini di crescita. L'esperienza porterà la necessaria scaltrezza venuta meno per il secondo anno consecutivo al cospetto di McSorley, maestro nel tirare fuori il meglio dai suoi ed il peggio dai suoi avversari...

La filosofia bis. Con Andersson (x2), Klasen, Petterson e Filppula si è imboccata con decisione la via nordeuropea all'hockey su ghiaccio, togliendo dallo spogliatoio ogni briciola di hockey nordamericano o quasi. Una scelta. Azzeccata? Per ora no.

Il servizio con Patrick Fischer (Rete Uno Sport 13.03.2015, 07h00)

RSI Hockey 13.03.2015, 08:13

NL A, il servizio su Ginevra - Lugano (Telegiornale 13.03.2015, 12h30)

RSI Hockey 13.03.2015, 13:15

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