La rabbia verso le ingiustizie politiche e sociali, la tenerezza verso gli svantaggiati, l’amore verso chi è retto, solidale e dignitoso. In I, Daniel Blake c’è tutto il grande cinema di Ken Loach (e del fedele sceneggiatore Paul Laverty).
La situazione paradossale in cui si trova un operaio di 59 anni (Dave Johns) che ha avuto un infarto è quella di non potere lavorare a causa della sua invalidità e di non ricevere l’assegno di sussidio per avere solo 12 punti su 15 di invalidità.
Daniel, vedovo e senza figli, negli uffici dell’assistenza sociale di Newcastle incontra una donna (Hayley Squires) in una situazione disperata come la sua: è sola con due bambini piccoli e non riesce a trovare un lavoro, né a ottenere un aiuto statale. Fra i due nasce subito una tenera amicizia che li porta ad essere l’uno il sostegno dell’altro. Perché ancora una volta nel mondo dei vinti di Loach la solidarietà apre mondi magici: e in I, Daniel Blake ci sono tanti esempi di aiuto e collaborazione con vicini di casa, persone che fanno volontariato alle “food bank”, e alcuni impiegati statali.
Ci sono momenti di grande coraggio e dignità, come quando Daniel Blake scrive con uno spray sul muro degli uffici che gli chiedono di mandare o consegnare il suo curriculum per un lavoro che comunque per legge a causa della sua invalidità non potrà accettare, la denuncia della sua situazione incredibile per cui per mangiare è costretto a vendere i mobili di casa e la inizia proprio con quel “I, Daniel Blake” che dà il titolo al film.
Ma ci sono anche squarci di dolore assoluto che lasciano un’amarezza senza speranza, come la morte e la prostituzione.
Proiettato a Cannes anche con i sottotitoli inglesi per il forte accento dei dialoghi (con qualche lamentela da parte della stampa UK che li ha giudicati comprensibilissimi), il film è stato accompagnato da dieci minuti di applausi e tanta commozione.
Ken Loach di nuovo denuncia con forza e verità le ingiustizie della sua Inghilterra, questa volta dal punto di vista di una burocrazia kafkiana che finisce con uccidere invece che aiutare.
Francesca Felletti
In Domani è un altro giorno commento di Marco Zucchi sul film di Loach (Rete Due 13.5.2016)
RSI Info 14.05.2016, 00:37
www.rsi.ch/cannes2016