Clima

Il clima, tra democrazia e protezione dei diritti umani

Le considerazioni di alcuni esperti all’indomani della sentenza della CEDU che ha condannato la Confederazione per la sua politica climatica

  • 10 aprile, 11:15
  • 10 aprile, 11:47

RG 07.00 del 10.04.2024

RSI Svizzera 10.04.2024, 11:00

  • Keystone
Di: RSI Info/MODEM/RG

La Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) ha condannato martedì la Svizzera per violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, dando ragione a un’associazione, le Anziane per il clima, che aveva attaccato l’inazione del Paese di fronte al cambiamento climatico. Una sentenza che in molti hanno definito storica, è infatti la prima volta che un Paese membro del Consiglio d’Europa viene “bacchettato” per inazione in ambito climatico.

Sentenza CEDU: Svizzera condannata, non fa abbastanza per il clima

Telegiornale 09.04.2024, 20:00

“La sensazione è di avercela fatta, di aver fatto una tappa importantissima in questo lungo percorso - gioisce ai microfoni di MODEM Norma Bargetzi-Horisberger, membro del comitato “Anziane per il clima” - Abbiamo ricevuto un dossier di circa 300 pagine sulle motivazioni della sentenza che ora dovremo analizzare”.

“Questo caso è significativo per una serie di ragioni fondamentali. In primo luogo dimostra chiaramente che gli impatti del cambiamento climatico sono una questione di diritti umani e che questo problema non scomparirà presto. In secondo luogo, dimostra che il cambiamento climatico ha un impatto su persone di tutte le età. Infine - ho seguito i negoziati sul cambiamento climatico per oltre 20 anni - mi è chiaro che il Governo svizzero non sta facendo abbastanza per affrontare il problema”, afferma Ian Fry, esperto di diritto e politica ambientale internazionale.

Secondo Fry la Confederazione ha dedicato molto tempo a negoziare le regole del mercato del carbonio nell’ambito dell’Accordo di Parigi, quando invece avrebbe dovuto focalizzarsi sulle emissioni interne: “Il Governo svizzero ha anticipato i tempi e ha stretto accordi con altri Paesi. Questo è totalmente irresponsabile. Si sarebbe dovuto dedicare più tempo alle emissioni alla fonte all’interno dei confini svizzeri piuttosto che all’acquisto di crediti di carbonio a basso costo all’estero. Spero che questa decisione della Corte guidi la Svizzera nella giusta direzione, intraprendendo un’azione più decisa per ridurre le proprie emissioni all’interno dei suoi confini”.

Le conseguenze per il diritto interno

Le sentenze della Corte sono giuridicamente vincolanti, ma queste possono solo constatare le violazioni della CEDU e riconoscere un indennizzo alle vittime, ma non intervengono direttamente, per esempio abrogando leggi nazionali irrispettose dei diritti dell’uomo. L’attuazione delle sentenze spetta alle autorità del rispettivo Paese membro.

“La Svizzera adesso dovrà fare due constatazioni: la prima è che il suo quadro normativo in materia climatica è lacunoso. La Corte europea dice molto chiaramente e cito “ha gravi lacune” e dà come esempio l’assenza di un bilancio di CO2, ossia non indica la quantità di CO2 che può essere prodotta complessivamente pro capite per limitare il riscaldamento globale e quindi la Svizzera ora dovrà prendere concretamente delle misure - spiega Véronique Boillet, professoressa di diritto pubblico e costituzionale all’università di Losanna - Il secondo aspetto è procedurale e riguarda la possibilità per le associazioni di ricorrere davanti alle autorità interne, possibilità oggi molto limitata: qui possiamo immaginare che basterà interpretare in modo più largo le norme già esistenti. Su questo aspetto ci sarà un’evoluzione importante”.

Nel nostro sistema democratico svizzero spesso è il popolo che ha l’ultima parola e che boccia delle proposte del Governo: “La Corte ha esaminato anche questo aspetto e dice chiaramente che non giudica i sistemi politici degli Stati - quindi non critica il sistema democratico svizzero - ma constata che il referendum sulla CO2 ha comportato un vuoto legislativo e che questo vuoto ha portato a una violazione dei diritti umani. Spetta alle autorità il compito di trovare i mezzi per conciliare gli strumenti democratici con la protezione dei diritti umani.”

Ora la Svizzera dovrà rendere conto di quel che farà: “È chiaro che si tratta di una decisione vincolante e obbligatoria che richiederà anche un seguito da parte del Consiglio dei Ministri. Quindi è l’organo politico del Consiglio d’Europa che si occuperà del monitoraggio. Le autorità svizzere dovranno quindi spiegare le misure adottate in risposta a questa condanna. Ci sarà un processo di dialogo tra le autorità svizzere e il Comitato dei Ministri per garantire che vengano prese tutte le misure necessarie”, conclude Boillet.

La Svizzera era “un Paese pioniere” nelle politiche ambientali

Sui giornali, in risposta alla sentenza, c’è chi parla di un “attacco contro un Paese virtuoso”: “C’è stato un momento, 20-30 anni fa, dove la Svizzera era un Paese pioniere nelle politiche ambientali per diverse ragioni. La produzione delle cose che consumiamo viene fatta all’estero, quindi l’inquinamento si faceva all’estero, per cui politiche ambientali sono state prese abbastanza presto” afferma Bruno Oberle, ex direttore dell’Ufficio federale dell’ambiente.

Col tempo però anche altri Paesi hanno preso decisioni simili, o hanno addirittura superato la Confederazione: “Nelle politiche contro l’inquinamento classico la Svizzera è nel gruppo di testa, ma non più la migliore - spiega Oberle - Per quello che riguarda invece tutte le conseguenze del consumo e dell’utilizzo della superficie, per esempio la biodiversità, siamo mediocri, in alcuni casi addirittura tra i peggiori”.

Le reazioni della politica sulla sentenza della CEDU

Telegiornale 09.04.2024, 20:00

  • Véronique Boillet
  • Bruno Oberle
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