Economia e Finanza

“Il mondo non è pronto”

Philip Jennings rappresenta 20 milioni di lavoratori e ci parla di rivoluzione 4.0, di lavoro e delle promesse di Trump

  • 16 febbraio 2017, 18:08
  • 8 giugno 2023, 04:18
Philip Jennings

Philip Jennings

  • ©Reuters

Lei ha un osservatorio privilegiato. È il segretario generale della UNI Global Union che raccoglie 900 sindacati del settore dei servizi. Come vede il futuro del mercato del lavoro, nell’epoca della rivoluzione digitale?

La rivoluzione industriale 4.0 è stata lanciata lo scorso anno e adesso abbiamo la conferma di quanto profonda sia. Quando parlo con le aziende sento un senso di nervosismo generale, perché non si capisce quale sarà il prossimo passo. Per il mondo del lavoro è chiaro che questa tecnologia è in grado di eseguire molti piû compiti che non un essere umano. Cosa vuol dire? Attualmente nel mondo ci sono 3 miliardi e 200 milioni di persone che lavorano. Nei prossimi tre anni entreranno nel mondo del lavoro un altro miliardo di persone. Ma entro 20 anni di occupazioni ne scompariranno un miliardo, significa che avremo circa il 25% di disoccupati. Il mondo non è preparato a questo.

Si, ma si dice che verranno creati nuovi posti, magari lavori che non conosciamo nemmeno, adesso

Questa è la speranza. Ma non possiamo dire "andrà tutto bene". Perché questa nuova rivoluzione è molto, molto più profonda. Attualmente l'economia si basa su modelli legati al lavoro delle persone che guadagnano un salario, che pagano le tasse, che contribuiscono socialmente. Ora sembra che questi modelli stiano cambiando. Accetteremo il 40% di disoccupati? Siamo pronti ad accettare una diminuzione del tenore di vita, che questo comporterebbe? Dobbiamo decidere che tipo di lavoro vogliamo. Si potrebbero diminuire le ore di lavoro, per esempio. Dobbiamo essere ingegnosi. Nel frattempo bisogna investire in infrastrutture, nell'economia verde oppure nel settore delle cure alle persone anziane. Queste cose ci daranno una ventina d'anni di tempo per assestarci. Queste sono strategie per il mercato del lavoro.

“Accetteremo di avere il 40% di disoccupati? Siamo pronti ad una diminuzione del tenore di vita? Dobbiamo essere ingegnosi”


Senta, un punto fondamentale è l'educazione. Si dice che molta gente verrà lasciata ai margini di questa rivoluzione digitale perché non avrà le competenze per poter continuare a lavorare.

Qui bisogna dire che la Svizzera è avanti. Intendo nelle infrastrutture del mercato del lavoro. Il livello di disoccupazione è basso. Avete questo sistema che permette di unire scuola e lavoro a tutti i livelli. Un sistema che sarà sempre più importante e che richiederà maggiori investimenti, non solo in Svizzera. Quando uno Stato ha investito tanto nell'educazione delle persone e poi ad un certo punto queste vengono messe da parte, è un gran spreco di denaro.

L'accesso all'istruzione deve essere garantito per tutta la vita. La formazione continua deve diventare una cosa strutturata, per tutte le generazioni. Attualmente si vedono alcuni casi di cinquantenni che sono riusciti a riciclarsi. Un domani questa dovrà essere la regola.

Qualche cosa sembra si stia già movendo. Anche al recente World Economic Forum di Davos ci si è resi conto che la situazione è grave. C’è stato un grido di allarme

Non diciamolo troppo forte, per favore, parliamo sottovoce. Noi lo diciamo da anni, abbiamo suonato molti campanelli d'allarme. Ora quello che ha spaventato di più il mondo economico è il contraccolpo politico. La Brexit, Trump, sono voti di rabbia. Il World Economic Forum ora chiama alla responsabilità. Cosa vuol dire? Che prima si è stati troppo irresponsabili. Si dice di ripensare il capitalismo. È stato un WEF ribelle. Si è parlato di temi mai sentiti prima. E sono anche stati messi nero su bianco. Una pubblicazione che indica ai governi quale sia la strada da seguire.

“Trump non ha ancora fatto vedere nessun progetto per il mondo del lavoro. Ma sappiamo che vuole rivedere al ribasso il salario minimo. Mi viene da dire che stia già tradendo la gente”

Signor Jennings, chiudiamo con Donald Trump. Lui ha fatto molte promesse legate agli impieghi. Vuole riportare lavoro negli Stati Uniti utilizzando anche sistemi penalizzanti per le imprese americane che producono all'estero. Cosa ne pensa?

Lui ha riconosciuto che gli accordi commerciali con Messico e Canada, il NAFTA, oppure con la Cina hanno condizionato molto il settore manifatturiero. Si è calcolato che da quando ci sono questi accordi sono andati persi 3 milioni di posti di lavoro. Ecco Trump ha toccato la pancia di queste persone della classe lavoratrice dicendo loro che la società li ha lasciati da parte. Ha parlato come un sindacalista. Ha promesso di essere il "Presidente del lavoro". Ma che tipo di lavoro sarà quello creato da Trump? Non abbiamo ancora visto nessun progetto. Però sappiamo che vuole rivedere al ribasso il salario minimo, vuole fermare il processo secondo il quale il Governo deve impegnarsi ad essere un datore di lavoro corretto. Ecco mettendo assieme queste cose mi viene da dire che Trump stia già tradendo la gente.

RG delle 12.30 del 16.02.17; Philip Jennings al microfono di Marzio Minoli

RSI Economia e Finanza 16.02.2017, 17:55

Marzio Minoli

Ti potrebbe interessare