Guadagni interessanti con poco sforzo, nessuna formazione e rischi minimi: detto così, è facile pensare “Troppo bello per essere vero! Io non ci cascherei mai!”. Eppure, nella realtà, riconoscere le trappole non è sempre semplice. Anche perché, a proporre l’affare, può essere un parente o un amico fidato, che magari ha già investito una piccola somma, ha incassato qualche profitto e si è lasciato prendere dall’entusiasmo.
È quanto accaduto alle vittime di Quintotech. La società, con sede in Via Nassa a Lugano, ha convinto diverse persone – soprattutto in Italia – a investire migliaia di franchi nel progetto “Peoplelife”. Il titolare proponeva pacchetti per il noleggio di apparecchiature informatiche che avrebbero generato criptovalute. Ma non solo: chi aderiva al progetto era invitato a diventare venditore e reclutare altri partecipanti, ampliando la rete e guadagnando commissioni sui nuovi ingressi. Più persone si arruolano, più si guadagna: è il principio del marketing multilivello.
“Abbiamo partecipato a un evento promozionale, mi ci ha portato il mio amico David – racconta una delle tante vittime – I parenti di sua moglie ci avevano guadagnato. Lui ha creduto a loro… e io a lui”. Il risultato? Tra lei e l’amico David hanno perso circa 7.000 euro. E le loro perdite impallidiscono di fronte a quelle di Alessandro: circa 85.000 euro svaniti nel nulla.
Alessandro Vailati, collaboratore dell’associazione italiana vittime di truffe finanziarie – che ha raccolto alcune denunce legate a Peoplelife – spiega quanto sia difficile recuperare il denaro: “Gli inquirenti devono indagare, rintracciare i fondi, verificare i movimenti di denaro...”.
Ma Quintotech non è l’unica ad aver sfruttato la reputazione di Lugano, che con il suo Plan B aspira a diventare capitale delle criptovalute. I “furbetti” sembrano essere più di uno: Patti chiari ha ricevuto segnalazioni su un venditore della società DBM, che, per reclutare nuovi clienti-venditori, promette guadagni facili nel mondo delle criptovalute e delle vendite multilivello.
Per capire fino a che punto si spinge questo agente, soprattutto quando è lontano dai riflettori degli eventi promozionali, una squadra di Patti chiari lo ha incontrato, in incognito, mostrandosi interessata all’investimento. E ha documentato i metodi utilizzati per reclutare nuovi clienti nel Luganese. “Quando capisci il concetto dei soldi… è molto facile farli, sai?” ha detto l’agente DBM alla giornalista. E dopo le promesse, le bugie: la sede luganese di DBM “ha un’autorizzazione FINMA” (l’autorità svizzera di vigilanza sui mercati finanziari); la DBM “è una vera e propria banca”. Dichiarazioni false, sulle quali Patti chiari ha cercato di ottenere chiarimenti da DBM Swiss, che però si è negata a un’intervista.
Non si sono negati invece Carlo Maria Albo, Chief Legal Officer di DBM Italia, e Omar De Tommaso, responsabile della visione strategica, incontrati durante un evento promozionale di DBM a Bologna. Davanti alle telecamere, il legale ha dichiarato che DBM Swiss “non è autorizzata FINMA perché non offre servizi finanziari” e che l’azienda disconosce ufficialmente affermazioni di quel tipo. Peccato che, poco dopo l’intervista, entrambi fossero sotto il palco ad applaudire proprio l’agente di vendita di DBM a Lugano, che presentava con orgoglio la sua attività “nell’ufficio di Lugano”.
Poco prima della messa in onda del servizio, finalmente, anche DBM Swiss SA ha inviato una presa di posizione ufficiale: conferma di non avere alcuna autorizzazione FINMA né qualifiche bancarie, e aggiunge che DBM Swiss SA “è una società inattiva” e “non dispone di una rete di incaricati alle vendite”.
L’agente attivo nel Luganese, si legge ancora, ha un contratto con DBM Italia SPA, che nel frattempo “ha sospeso in via cautelativa” la collaborazione con lui.
Basterà questo a mettere la parola “fine” al proliferare di furbetti dalle promesse troppo belle per essere vere?
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