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Colpo di scena

L'idiota (1./30)

di Fëdor Michajlovic Dostoevskij - Adattamento radiofonico di Anna Luisa Meneghini, regia di Vittorio Ottino

  • 11.6.2018
  • 13 min
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Con Edoardo Gatti (Fëdor Dostoevskij), Enrico Bertorelli (Miskyn), Alarico Salaroli (Rogozin), Alfonso (Cassoli Lebedev), Vittorio Quadrelli (Gan’ja), Cleto Cremonesi (Alessio), Stefania Piumati (Elizaveta), Anna Maria Mion (Alessandra), Mario Bajo (Radomski), Pinuccia Galimberti (Adelaide), Marianglea Welti (Aglaja), Dino di Luca Generale (Yepanshin), Silli Togni (Varvara), Maria Rezzonico (Nina Alessandrovna), Adolfo Geri (Generale Ivolgin), Franca Primavesi (Natas’ja Filippovna), Alberto Ricca (Pticyn), Fabio Barblan (Tockij), Lucio Saronni (Kolja), Maria Conrad (Dar’ja), Dino di Luca (Generale Epančin) e con Guglielmo Bogliani, Cleto Cremonesi, Roberto Colombo, Cristiana Zenari
Sonorizzazione Mino Müller
Realizzazione tecnica Mina Andreani
(PRODUZIONE RSI 1977)

È il principe Myskin il protagonista scelto da Fëdor Michajlovic Dostoevskij per raccontarsi e raccontare la storia de “L’idiota”. Un romanzo che fu adattato per il mezzo radiofonico nel 1977 da Anna Luisa Meneghini e diretto da Vittorio Ottino.

Epilettico, esitante, a tratti timido, eccezionalmente buono, per anni costretto all’esilio: questi i tratti che caratterizzano il protagonista scelto dallo scrittore per cercare di dare una voce sia alla sua storia personale che alla sua idea di un Cristo agognato e mai incontrato.

L’umanità di Myskin non sembra cosa di questo mondo, è un uomo moderno che si indigna di fronte alla pena di morte e a leggi e giudizi arbitrari.

Dalla Svizzera, dove si era recato per curarsi dall’epilessia Myskin torna in patria, a Mosca, sperando di recuperare l’eredità di una zia appena scomparsa. Dai funzionari come Lebedev, alla bella Nastas’ja, all’ambiguo Rogožin, scopriamo così le diverse sfaccettature dell’animo umano e seguiamo la ricerca di affetto del protagonista. E proprio quando il tipico lieto fine sembra vicino, non sono deluse le aspettative di chi alle storie chiede uno specchio della realtà, invece della solita versione edulcorata del cammino di ricerca dell’individuo.

Comunque, la bellezza rimane pur sempre la “salvezza del mondo”. Almeno secondo Dostoevskij.

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