
Oggi, la storia 04.02.15
Oggi, la storia 04.02.2015, 07:05
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Ha destato un giusto orrore la vicenda degli ostaggi decapitati dai fanatici dell’ISIS e senza dubbio parte dell’indignazione è legata al modo dell’esecuzione, che ci appare – ed è – particolarmente barbaro e feroce, quasi che in un colpo solo si volessero annullare l’individuo, il pensiero, e la parola.
Nel corso della storia tuttavia la decapitazione non aveva necessariamente queste implicazioni. Nella Roma imperiale tale pena era riservata ai soli cittadini. Assai peggiore era considerata la lunga e dolorosa crocifissione, la morte degli schiavi e dei ladri, che infatti fu risparmiata a San Paolo, cittadino romano, decapitato al tempo delle persecuzioni di Nerone. E il martirologio propone diversi santi cefalofori, vale a dire santi che dopo la decapitazione raccolgono la propria testa e la portano fino al luogo dove sorgerà la chiesa loro dedicata: per esempio San Giovanni Battista, o il filosofo Boezio.
Moltissimi personaggi storici furono decapitati: nel 1268 toccò al sedicenne imperatore Corradino di Svevia, la cui giovane età però, più che il supplizio, impietosì i contemporanei; e poi ancora nel 1355 il doge Marin Faliero, traditore di Venezia, ma anche Carlo I Stuart, la cui decapitazione rappresentò il culmine della Rivoluzione inglese, nel 1649.
Va detto che nei nostri Paesi, ancora tra Medioevo ed età moderna, si decapitavano i nobili, mentre per i semplici popolani si ricorreva a metodi assai più crudeli, come lo squartamento, spesso seguito dalla pubblica esposizione del cadavere con funzione di monito, per esempio nei casi di attentati alla persona del re.
Ancora nel 1757 Robert François Damiens, che aveva insidiato la vita di Luigi XV, fu barbaramente massacrato in pubblico dal boia, assistito da ben 16 aiutanti.
Non stupisce insomma che l’introduzione della ghigliottina, nel 1792, parve a molti un sistema non solo più efficace, ma anche pietoso e giusto, in quanto per la prima volta si applicava a tutti i condannati, indipendentemente dal rango e dal crimine commesso, a cominciare dal re Luigi XVI e da sua moglie Maria Antonietta.
Queste osservazioni non vogliono naturalmente attenuare la sacrosanta indignazione per gli efferati crimini dei terroristi, quanto piuttosto mostrare quanto la storia dell’umanità sia intrisa di inaudita violenza, di una ferocia senza limite, che solo assai di recente siamo riusciti faticosamente ad attenuare.
Già nel Cinquecento Montaigne scriveva, nel suo celebre capitolo sui cannibali, che non importa poi molto come si uccide un uomo, e cosa si fa poi del suo cadavere. È invece fondamentale ricordare, con il Talmud, che “Chi uccide un uomo è come se uccidesse tutta l’umanità”.
