“Le ragazze sono corrette, non simulano e non reclamano quasi mai”

È stata la pioniera dell’arbitraggio al femminile nel nostro Paese. Oggi guarda da lontano l’evoluzione del suo mestiere, seppur con occhio critico. Nicole Petignat ha arbitrato sia nel contesto maschile che in quello femminile. Cosa li differenzia? “Le ragazze sono super fair play”.

La 58enne fa alcuni esempi pratici: “Arrivando dall’arbitraggio in campo maschile è un po’ destabilizzante. Faccio un esempio: quando assegno un calcio di rigore e nessuno viene a protestare, allora ti assale il dubbio... “Avrò fatto la scelta giusta? Sarà davvero rigore?” E poi, anche quando si tratta di ammonire le giocatrici talvolta sono così gentili, si scusano un milione di volte. Ti dispiace quasi di sventolargli in faccia il cartellino. Queste situazioni ti proiettano in un mondo completamente diverso da quello maschile. Sono momenti difficili da gestire, in altro modo certo, ma comunque difficili”.

Prima donna anche a dirigere un incontro internazionale maschile, la neocastellana ha mollato il fischietto dieci anni prima dell’avvento del VAR. Da ex direttrice di gara, come valuta il contributo di questa tecnologia? “Non l’ho vissuto, ma credo in alcuni casi destabilizzi le decisioni dell’arbitro perché esiste la sua prospettiva e quella della decina di telecamere sparse attorno al campo. Dalla posizione occupata sul terreno in quel momento puoi essere convinto di aver visto un determinato movimento, un tocco, un fallo. Poi vai al monitor e ti rendi conto che le telecamere hanno filmato tutt’altro. Questo spiazza l’arbitro, ma lo deve accettare perché la tecnologia è più precisa rispetto all’essere umano. Il contraccolpo psicologico poi può essere pesante perché un arbitro può rimuginare sulla scelta sbagliata per il resto della partita”.