La figura di Pierre de Coubertin è ovviamente centrale per quel che riguarda le Olimpiadi. Il barone è il padre dei Giochi moderni, colui che più di tutti ha spinto per far sì che, a 128 anni di distanza e a cadenza quadriennale, la manifestazione a cinque cerchi diventasse il raduno sportivo più importante al mondo.
Presidente del CIO dal 1900 al 1924, a De Coubertin sono assegnate - non del tutto in maniera veritiera - due delle frasi più iconiche riguardanti le Olimpiadi: il motto “Citius, Altius, Fortius” (più veloce, più in alto, più forte) a cui si è poi aggiunto da quest’anno “insieme”, da lui sì proposto prima dell’edizione di Parigi del 1924 ma ideato da Henri Didon, scrittore e religioso francese dell’epoca. E sempre a un uomo di chiesa appartiene il famoso detto: “l’importante non è vincere ma partecipare”. Questa frase fu infatti pronunciata da un monaco inglese durante un sermone agli atleti prima di Londra 1908.
Inesattezze storiche che hanno aiutato a fortificare il mito di un personaggio con un lato oscuro. Nella conoscenza popolare infatti si è persa la nozione riguardante la misoginia di De Coubertin, per il quale le Olimpiadi sarebbero dovute essere una manifestazione solo per uomini, la cui ricompensa per i successi sarebbe stata “l’applauso delle signore”. Uomini, inoltre, di razza ariana. Negli ultimi anni sono infatti emersi diverse lettere del barone ad Adolf Hitler, rimarcando quanto felice fosse dell’organizzazione e della gestione dei famosi Giochi di Berlino 1936. La famiglia e il CIO hanno sempre rispedito al mittente le accuse e difficilmente si saprà la verità sulla faccenda. Di sicuro c’è solo che De Coubertin riposa a Losanna e la richiesta di riportarlo in Patria è stata più volte respinta dal governo francese. Ma il suo cuore - leggenda narra - è sepolto a Olimpia. Dove in realtà è sempre stato.